Non tragga d’inganno il bel ritratto equestre, tranquillo e bucolico, che trovate in copertina: questo disco d’esordio di Fish Of April, aka Alessio Pinto (“giornalista, scrittore, scommettitore, trascorsi in galera e poc’altro” dice di sé stesso), con quella figura condivide solo il tema dei cavalli, grande passione dell’autore e argomento portante delle canzoni di quest’album; la sostanza musicale invece è scura come la notte, un flusso continuo di buio e cupezza su cui brillano pochissimi spiragli di luce.
Sotto la produzione di Paolo Messere, leader dei Blessed Child Opera e capo della Seahorse Recordings, Pinto dà vita ai suoi ossessivi pezzi fatti di bassi grevi e pulsanti, chitarre taglienti e voci che sembrano venire dal lato oscuro della luna.
“Violent Pharmacy” viaggia soprattutto su coordinate dark e new wave, ma possiede una bella varietà di sfumature che non lo rendono troppo omogeneo e pesante; “Distant Way” ha qualcosa di Beck, “Ancus Martius” è in stile Bauhaus, mentre “Extraordinaire” ricorda più la marzialità dei Joy Division.
Ci sono stravaganze elettroniche (“Desert Quiet”), riusciti incroci stoner-dark (“Ian Hungar”) e derivazioni da primi Sonic Youth (“Namid Grey”), mentre più in là l’autore si diverte a vestire i panni di un ibrido tra il Lou Reed di “Magic & Loss” e il primo Nick Cave & The Bad Seeds con risultati altalenanti (molto buona “Electrocutionist”, meno “Gentlewave” e “Rockmaster”) prima di buttarsi nella chiusura di “Balabiot”, singolare escursione in un rock alla Primus alquanto distaccata dal resto dell’album.
L’esordio di Fish Of April è ben lungi dall’essere perfetto, ha delle discrete cadute di tono (“Falbrav”, ma anche “Lautarj”) e appare spesso il frutto di un’urgenza di espressione da parte dell’autore, con tutte le imperfezioni che ciò comporta.
“Violent Pharmacy” però trova proprio nelle sue irregolarità e nella sua spigolosità il suo maggior pregio; un disco non semplice da ascoltare, storto e scuro, tuttavia molto interessante, nervoso come un cavallo selvaggio, ossessivo come certi incubi notturni, sfilacciato ma bello, stavolta sì, come il dipinto che ne decora la copertina.
31/08/2007