Un recital per prosceni fumosi, chiazzato alle fiammelle d’un candelabro che l’alba sopravvenente spegnerà ad una ad una. La valigia di un’attrice, piena di tutti i suoi trucchi e i travestimenti del caso. Un diario di scena vergato da chi ogni notte, a soggetto, recita se stessa, sebbene al riparo di spoglie diverse. Una pièce in dieci minuscoli atti da cui svettano acclaratamente i pezzi di bravura “Private Dancer” (scritta da Mark Knopfler e già nel repertorio di Tina Turner) nella penombra di una soffitta weimariana e “I Still Haven’t Found What I’m Lookin’ For” (degli U2) straordinario “halleluja” da camera.
Accompagnata soltanto dalle sferzanti, stentoree note del piano di Paul Wallfisch (fa eccezione “Victim”, dove si affacciano slide e controcanti doo-wop), la Piccola Anna canta Sinatra (“It Was A Very Good Year”, “One For My Baby”) come se fosse un intermezzo brechtiano musicato da George Gershwin (con Kurt Weill già emigrato a Tin Pan Alley per godersi una vecchiaia dorata), poi con la sua voce ruvida e solcante spazza le cicche esistenziali agli angoli degli ultimi bistrot parigini ancora aperti (“If You Go Away”/ “Ne Me Quitte Pas” di Brel e “Yesterday When I Was Young” di Aznavour, l’istrione per eccellenza). Anche se alla fine è bello accorgersi dal barlume di luce che filtra oltre una tenda e si riflette sul marciapiede deserto (“All I Want For Christmas”) che a casa c’è ancora qualcuno che ti aspetta (“Song For You”).
(24/02/2008)