Ecco, allora, schiudersi le porte giuste. Dopo una gavetta nei Res e negli Stiffed, Santogold è chiamata a scrivere brani per Lily Allen e Ashlee Simpson, viene scelta come guest vocalist da Mark Ronson (già produttore di Amy Winehouse) nel suo "Versions" ed è ingaggiata da Bjork per aprire un suo concerto al Madison Square Garden di New York.
Per il suo esordio sulla lunga distanza, così, si è scomodato un cast a dir poco ingombrante: i produttori di M.I.A. (Diplo e Switch), oltre a John Hill, già bassista negli Stiffed, e a musicisti come Chuck Treece dei Bad Brains, Naeem Juwan degli Spank Rock, Disco D e Sinden. Ne è scaturito un disco inevitabilmente curatissimo nell'involucro sonoro (ma non nell'orrenda copertina!), che gioca a pasticciare con ogni sorta di contaminazione. Tutto nel frullatore: pulsazioni electro, chitarre punk, sintetizzatori wave, bassi dub, flow hip-hop, ritmi afro e reggae. Con un approccio smaccatamente pop, che si traduce in refrain da acchiappo piazzati al punto giusto.
Il riferimento più scontato è ovviamente M.I.A., e brani come "Creator" e "Unstoppable" non fanno molto per dissimularlo, anche se Santi riesce ad alternare il ringhio rabbioso della rapper cingalese con registri più soffici e usa la club-music in modo meno avvenirista, sposandola alle radici più profonde della musica black.
Ma il ventaglio di ripescaggi/riciclaggi è in realtà molto più vasto. Si va dal reggae-rock di scuola Police ("You'll Find A Way") a cupezze catacombali à-la Siouxsie rivestite di patina electro ("My Superman"), dal groove sinuoso di "I'm A Lady", che la Nostra descrive come "Johnny Cash meets Cocteau Twins" (!), all'indie-rock dei Pixies ammorbidito a suon di Blondie e Go-Go's ("Lights Out").
Se la voce di Santi non sempre riesce a tenere la scena, fanno centro soprattutto i ritmi, su tutti quello conturbante di "Shove It" - invettiva dub tramutata dal produttore Disco D (50 Cent, Trick Daddy) in una pop-song futurista, grazie a uno snap beat hip-hop – e quello reggae-bubblegum di "Say Aha", guarnito da tastiere, effetti phaser e un solo di chitarra surf a chiudere. Da annoverare alla voce "esperimenti", invece, la palude elettronica di "Starstruck", torbida e cupa quanto basta, e i vocalizzi trattati al vocoder di "Anne", inizialmente basata su "The Model" dei Kraftwerk, poi abbandonata per l'impossibilità di ripulire il sample.
Una festicciola divertente, ben congegnata e costruita (a tavolino).
Niente di nuovo sotto il sole, ma sicuramente qualcosa che sotto il sole imperverserà, facendo smuovere parecchie natiche intorpidite dalla canicola estiva.
(28/06/2008)