Clue To Kalo è il nick che rappresenta Mark Mitchell, autore australiano già alle prese con una folk-techno minimale in “Come Here When You Sleepwalk” (Mush, 2003) e nelle trasformazioni caleidoscopiche di “One Way It’s Every Way” (Mush, 2005), un ciclo di mini-cantate per l’era digitale, e uno degli episodi più rilevanti del 2005.
Il ritorno con “Lily Perdida”, un concept alla Orson Welles in cui i particolari del protagonista si svelano e si ricompongono a poco a poco a partire dal punto di vista dei vari personaggi. Musicalmente la questione è fallibile. Poco nulla è rimasto della magia originaria in pezzi come “User To A Carrier”, “The Infinite Orphan”, “Of Him On Her Heels”, “It’s Here The Story’s Straight”, ingessati in arrangiamenti confusi e scrittura blanda.
Scampoli d’inventiva si ravvisano nelle irregolari trasparenze di “Mine Disaster After Theirs Is Done”, nella distorsione atmosferica di “Which Notice To Your Next Of Kin?” e nello stornello per piano e chitarra acustica di “What Went Down Around” (invero il suo brano più scontato di sempre).
Disco a tema, anzi a tesi, che ha qualche miopia: l’indecisione di genere (tanto orchestrale con sprazzi di easy listening, tanto melodica con sprazzi di revisionismo passatista) e le scelte di massima, non ultima la vocina al controcanto/controparte femminile, che spesso non si amalgama né al fiappo sottovoce di Mitchell né al resto. Non è chiarissimo nemmeno il messaggio sotteso, disperso forse nelle cavità di un’anima da band, non d’autore, e già bollito dopo le cristallinità di “One Way”, di cui il “Perdida” sembra un’appendice di sviluppi possibili e poco affezionati al “vero”.
11/02/2009