"Fever Ray", uscito per la Cooperative Music/V2, è davvero un bignami del lato più oscuro del mondo scandinavo. Un mistero sottile, dai risvolti multiformi. Ad aprire le dieci tracce (per un totale che sfiora la cinquantina di minuti) provvede il vibrante e immaginifico drone notturno di "If I Had A Heart", che si snoda tra voci filtrate e atmosfere cupe. La successiva "When I Grow Up", in odor di Goldfrapp periodo "Felt Mountain", cambia registro, tra dolcissime trame di synth e la particolarissima voce di Karin. E se "Dry And Dust" accenna aperture sintetiche, "Seven" consuma la perfezione-pop: dipanandosi tra docili beat tribaleggianti e la voce sognante incastonata su vaporose strutture di synth, si addolcisce sempre più, fino a scomparire oltre l'orizzonte.
Il trip-hop non è poi molto lontano: ascoltare "Concrete Walls" equivale a tornare indietro d'una quindicina d'anni, al fascino notturno di "Protection" dei Massive Attack. E fra richiami dark e partiture elettroniche di una dolcezza celestiale, si colgono i sapori d'un fascino lontano: è il caso della disperata "I'm Not Done", nella quale Karin urla la sua disperazione (le sue liriche sono spesso improntate all'invettiva politica) in un climax sonoro tanto semplice quanto trascinante. E se l'insipida "Keep Streets Empty For Me" si candida a nota stonata del disco, nella grintosa chiusura di "Coconut" la nordica vichinga, rinforzata da una sezione ritmica decisamente più sostenuta, sfoggia un epilogo vibrante.
"Fever Ray" racconta il nord, le sue articolazioni, i suoi paesaggi, i suoi umori. Giocando a colpi di synth, chitarre effettate e tastiere in abbondanza, disegna un quadro vivido e vitale, che rivitalizza suoni di un tempo ormai perduto. Ne scaturisce un lavoro senza tempo, un lampo a ciel sereno di una bellezza accecante.
(01/03/2009)