Norvegese, classe ‘73, all’anagrafe Jon Andreas Hatun (già veterano del prog norvegese alternativo): il suo progetto Jono El Grande, e in particolare l’album “Neo Dada”, si occupa deliberatamente di tentare di rinverdire i fasti delle Mothers Of Invention del Frank Zappa “orchestrale” del periodo “Grand Wazoo” (così come i precedenti “Utopian Dances” e “Fevergreens” e i progetti collegati Gringo Quartet e Grande Corpse).
“Neo Dada” è un preludio stentoreo, e “Oslo Coty Suite” è puro girovagare di stranezze sonore di archi e legni, con danza macabra di chitarre e tastiere, privo di un centro armonico riconoscibile (nonostante l’appellativo di “suite”). L’andatura placida di “Big Ben Over” dischiude un rock progressivo semi-sinfonico piuttosto ordinario, mentre “Choco King” è un saltarello con cori goliardici.
“Three Variations On A Mainstream Neurosis” fa un po’ eccezione, essendo il numero forse più autenticamente “zappiano”. All’inizio riprende vorticosamente il tono finto duro della title track, indi s’interrompe per lasciar spazio a una libera caciara di fiati, che rubano la scena per lanciare, urlanti, un ritmo disco.
Per il resto “Ballet Morbido In A Dozen Tiny Movements” (un flamenco/samba con grande, ostentata varietà di sfumature stilistiche) e “Your Mother Eats Like A Platipus” (una sceneggiata atonale per soli archi) completano l’esercizio.
L’estremo riferimento al maestro, virtualmente un plagio truccato col make-up della Rune Grammofon più depressa di sempre, regredisce il senso stesso del combo: tolta la destrezza strumentale, un’insincera ricchezza timbrica, troppo coincidente con le Mothers, e un’oleografica satira, rimane la tabula rasa di musicisti inconcludenti. Fa ricordare che anche le tribute band, in fondo, hanno un’onestà intellettuale.
14/09/2009