Alessandro Magnanini

Someway Still I Do

2009 (Schema Records)
easy listening

La prima decade degli anni Duemila sta giungendo al termine lasciandosi alle spalle attacchi terroristici, guerre, crisi finanziarie, politicanti dai dubbi costumi ed ogni sorta di male terreno. Parecchi musicisti di questa generazione, atrofizzati da un benessere ormai rientrato nell'indolente sfera del diritto quesito, sono stati colti impreparati a trasferire artisticamente le sensazioni generazionali di un simile degrado e non hanno saputo dar voce al male di vivere collettivo: questo il motivo di un vuoto creativo che, di giorno in giorno, provoca le lagnanze di coloro attendono l'arrivo di un buon disco quasi come quello del Messia.

Negli anni Cinquanta, alcuni compositori americani risposero al timore delle conseguenze di un possibile lancio della bomba atomica, agli orrori della guerra fredda, alla paura delle invasioni aliene e alle chimere evocate dall'immaginario sci-fi d'improbabili sbarchi lunari o rivoluzioni orbitali individuando in un nuovo genere musicale un rifugio per la gente comune e sublimarono l'easy listening in una nuova corrente chiamata "exotica", nonché musica da cocktail per la "bachelor generation" - la generazione degli scapoli. Inutile dire che fu un successo e chiunque poté rappresentare sé stesso in paesi esotici, centinaia di miglia lontani dalla propria quotidianità fatta di angosce e tiki posticci collocati orgogliosamente nei giardini delle proprie villette a schiera, sorseggiando Martini da un calice di cristallo, magari sul bordo di un piscina in compagnia di una donna (o di un uomo) attraente e, soprattutto, disponibile. Samuel Hoffman, Les Baxter, Martin Denny, Esquivel, Korla Pandit, Burt Bacharach, Herb Alpert, Henry Mancini e John Barry sono soltanto alcuni dei nomi di compositori/arrangiatori/musicisti che, in quegli anni, contribuirono a delineare un simile immaginario che, molto probabilmente, ha permesso alle generazioni di oggi di rivolgersi ad allora non più con orrore ma con interesse e un filo d'invidia.

A distanza di mezzo secolo, Alessandro Magnanini, affermato compositore/arrangiatore/produttore/polistrumentista emiliano, dà alle stampe un lavoro d'esordio che strizza l'occhio a tutti questi elementi spingendosi pure oltre, immerso sì nel passato ma assolutamente contemporaneo in quanto vettore di speranza e ottimismo.
"Someway Still I Do" è infatti una raccolta di brani meravigliosi, arrangiati divinamente, che annoverano eccellenti contributi di grandi vocalist quali, tra gli altri, la grandissima Rosalia de Souza e Liam McKahey (ex-cantante dei Cousteau).
"Open Up Your Eyes" apre l'album con un cantato alla Shirley Bassey fondato su un arrangiamento travolgente, mentre la Bacharach-iana "Livin' My Life" sembra trovare origine in una colonna sonora degli anni Sessanta, magari intonata da B.J. Thomas..."So Long Goodbye" potrebbe averla selezionata la stessa Holly Golightly, eastraendo dalla busta un sette pollici per far innamorare i convitati al suo party newyorkese...

Questo e tanto altro accompagna i solchi di un lavoro lambiccato ed elegante, in cui la commistione tra melodie à-la Brill Building, lounge patinata, soul e jazz è sorprendente e, anzi, trova qui un punto d'incontro ammirevole e del tutto inedito. Le atmosfere delineate dall'autore sono semplicemente entusiasmanti e incontreranno l'apprezzamento di una nuova generazione cocktail, vogliosa di affrancarsi dalle nefandezze di un quotidiano scolorito.

24/10/2009

Tracklist

  1. Open Up Your Eyes
  2. Livin' My Life
  3. So Long, Goodbye
  4. Secret Lover
  5. Greetings From Here
  6. But Not For You
  7. Someway Still I Do
  8. Stay Into My Life
  9. L'Estate E' Qua
  10. Suddenly
  11. Something Fine
  12. Blind Date Blues

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