Fortunatamente non è più così raro rinvenire in Italia opere che, pur nella generale indifferenza persino dei circuiti "alternativi”, sono intese all’elaborazione di sonorità elettro-acustiche e ambientali, principalmente incentrate su chitarra e filtraggi elettronici.
È da ultimo il caso del ventottenne palermitano Nino Lo Bue, che ha da poco offerto un saggio delle sue texture calde e ipnotiche sotto forma di un Ep dal titolo “Sleep Spindles”, reso disponibile attraverso la netlabel milanese 51beats.
Terra d’origine e ambito musicale di riferimento di Lo Bue fanno subito correre il pensiero a un altro artista siciliano, ovvero quel Giuseppe Cordaro (Con_cetta) il cui nome ha già travalicato i confini nazionali, trovando ospitalità presso un’etichetta importante quale Moteer. Al di là di un’affinità riscontrabile più nelle premesse che nelle risultanze artistiche, non desta tuttavia sorpresa vedere proprio Cordaro non solo citato quale primo tra i ringraziamenti nelle note dell’album ma anche in qualità di fattivo contributore di “Dreyma (Awake)”, brano dalla più evidente matrice elettro-acustica, composto da tessere sonore molteplici e incardinato su pronunciate increspature chitarristiche. Si tratta tuttavia soltanto di una delle tante direzioni intraprese nella mezz’ora abbondante di “Sleep Spindles”, lavoro eterogeneo, nel quale Lo Bue accosta dilatazioni e riverberi chitarristici a battiti elettronici pulsanti, per introdurre in uno stato di sogno e labile incoscienza, che traspare fin dal titolo del lavoro e da quelli di tutti i brani.
Le note stillate dalla chitarra e le texture sintetiche si fondono attraverso iterazioni notturne dotate di spiccate potenzialità emotive, palesando l’evidente fascinazione dell’artista palermitano tanto per sonorità carezzevoli e sognanti come quelle dei Sigur Rós più eterei, quanto per effetti e modulazioni da vera e propria guitar ambience, sul genere di quella applicata da Yellow6. Sono questi i primi riferimenti che si affacciano alla mente all’ascolto dei due brani iniziali del lavoro, attraverso i quali si percepisce già con chiarezza la continua tensione alla trasformazione di composizioni quasi mai statiche e invece percorse da innumerevoli microsuoni e connotate da un progressivo crescendo di battito sintetico, in prevalenza caldo ed emozionale (come nella parte finale di “G”), ma talora inesorabilmente sordo (“Bending Inertia (Asleep)”) o proteso verso un’oscurità al tempo stesso soffice e inquieta (“Empty Thoughts”).
Succede, tuttavia, che le ritmiche elettroniche prendano il sopravvento sulle più compunte elaborazioni di Lo Bue, snaturandone in parte la struttura e inficiandone il risultato: è quel che avviene in “Cat&Wo”, ove l’ipnosi notturna si manifesta in una declamazione pretenziosamente ricercata, prima in italiano poi in inglese, su una danza sintetica allucinata, dal ritmo incalzante ma in definitiva piuttosto banale.
Si tratta dell’unica parentesi negativa e di una sorta di "fuori programma" in un lavoro che invece nella seconda parte riprende il suo fluire confortevole e cadenzato, attraverso effetti e modulazioni in mutazione continua, che nella conclusiva “Deep Night” transita verso i drone, trasformando in senso più aspro le melodie dei primi brani, in un affiorare esplicito di distorsioni e trame elettroniche spettrali.
Si direbbe questa, in definitiva, la migliore dimensione artistica di Lo Bue, sulla quale potrà continuare a lavorare di cesello tra chitarra, tastiere e computer, alla ricerca di paesaggi sonori densi e ovattati, che adesso sembrano davvero aver trovato in Sicilia una nuova e inattesa dimora.
22/08/2009