Quei dischi che non hanno nulla di eclatante, eppure in qualche modo incantano. "Characters" è uno di loro, con le sue canzoni non troppo orecchiabili, non particolarmente raffinate, ma sfuggenti e magiche. Dolci, timide, un poco polverose: tante "Life In A Glasshouse" da caminetto, in cui la commozione che lascia posto a una malinconia sottile e confortevole.
E' questa confidenzialità a rapire per prima, e ci vuole un po' per scorgerne le diverse anime. Spiriti fino a ieri antitetici, qui equilibrati con una naturalezza che nasconde a uno sguardo frettoloso la particolarità dello sposalizio.
L'anima cantautorale appare nella sua veste più tipicamente indie: intimismo acustico, voce tenue e quella patina di innocente nostalgia. La affianca un'indole alt-rock che rimanda ai dEUS, forse per gli scatti chitarristici lo-fi, le venature jazzy e le (rare) mattane beckiane; forse per il vago gusto Ancien Europe che traspare dagli arrangiamenti, con archi e fiati che fanno capolino senza quasi farsi notare. E la cadenza, non ricorda in più momenti il "falso cantato" hip-pop di Why?
A stupire di più - sempre in sordina, si intende - sono i tre strumenti centrali: batteria, piano Wurlitzer, chitarra. La prima ha impresso un marchio: June of '44. Secca e angolare, si concede comunque pacati slanci upbeat che alleggeriscono il rigore delle sue costruzioni. Il piano elettrico sta in disparte, ma regge ritmo e armonia dei pezzi tingendoli di un'elegante aura retrò.
La chitarra riallaccia le fila del tutto, con un mix efficace di nuovo e antico. Antico - o forse semplicemente démodé - perché sorprendentemente vicino a spigoli e grovigli del math, quello "addomesticato" di Tim&Mike Kinsella magari. Ma anche e soprattutto per un retrogusto folk che non affiora mai del tutto, ma rimanda dritto alle fiabe dei Pentangle e ai loro intrecci cristallini.
Che ci sarebbe, allora, di nuovo? L'esito finale. Uno stile organico e maturo, che aggiorna classe e discrezione del Johnny Marr più folkeggiante in un linguaggio indie-pop inedito, ma estremamente promettente - perfino illuminante. Al punto tale che viene da chiedersi: come facevamo, prima, a stare senza?
The Patriotic Sunday è il moniker del giovane francese Eric Pasquereau (26 anni, di Nantes). Il progetto è al secondo album, dopo l'esperienza di Eric nel trio post-hardcore Papier Tigre. Curiosamente, il sound ha analogie con altri due artisti francesi, piuttosto distanti fra loro: Centenaire e Angil & The Hiddentracks.
11/05/2010