Già parte integrante del trio dei Sister Suvi (dal New England), il cui debutto “Now I Am Champion” (Common Cloud, 2009) gioca il ruolo di un concentrato ammaliante di boutade Camper Van Beethoven, freak-soul TV On The Radio, pop etnico e ritmi giamaicani, Merrill Garbus debutta a nome Tune-Yards con “Bird-Brains”, un affare anche più complesso del puzzle stilistico del gruppo di provenienza.
Cut-up d’introduzione e di chiusa, rumore elettronico, epigrammi quasi-Joni Mitchell-iani, e field recordings disordinati sono i leit-motiv delle sue vivisezioni filologiche, che “For You” espone come in una vera ouverture d’opera.
Prima di tutto c’è la sua voce. La sua ugola girovaga in lande ignote, attingendo ora a una sorta di r’n’b di streghe, un po’ yodel e un po’ zulu, ora al distacco di Captain Beefheart (“Hatari”, e “Safety”, anche più espressionista). C’è poi una sorta di affinità coi Dodos, anche se colta da un’altra prospettiva, in qualche modo vicina a David Peel, così come confermato dalla danza hawaiana di “News” (e di nuovo un’ampia modulazione di canto: da Billie Holiday a Odetta, a Diana Ross) e dal neo-soul primitivo di “Jamaican”, un reggaeton scandito da campioni industriali.
Il ritmo è comunque colonna portante, e il picco si ha con “Sunlight”, nursery-rhyme su nastro hip-hop industriale, e la sua versione spicciola, “Little Tiger”. Ma il suo dada d’invisibili riprocessamenti di accordi e arpeggi ha sempre la meglio: il mescalero di “Fiya”, con apparato di percussioni elettroniche, una sorta di Beirut remixato, l’allucinato caos tra voci di mondine e strepiti gospel di “Jumping Jack”, la nenia Vashti Bunyan di “Synonynonym”.
Ciò che porta Garbus quasi al livello dei suoi antenati artistici è “Lions”, la canzone-killer, un mix di elegia folk contemporanea e di clima trip-hop in bassa qualità, una vera diffrazione acustica.
Pienamente emblematico della tendenza, tutta Paul Simon-iana, al revival etnico della seconda metà dei 2000, è soprattutto un mirabile esempio di sottigliezza e di spavalderia, di umiltà nei mezzi e di sfrenata ambizione negli effetti. Lo stile, brusco e persino scostante, in realtà non fa che tentare di nascondere la profondità della sua ricerca. Originariamente in cassetta su Marriage Records, e poi riedito a tempo di record dalla 4AD, con tutti i crismi del caso e due bonus registrate per l’occasione, “Want Me To” e “Real Live Flesh”. Grafia corretta, come da artwork: tUnE-yArDs (e “BiRd-BrAiNs”).
19/02/2010