Voks

Astra & Knyst

2009 (Dekorder)
folk-tronica, world-music, avantgarde

L’album d’esordio del compositore danese Mikkel Moir è una piccola giostrina di suoni e minuscoli circuiti elettronici. Nato e cresciuto a Copenaghen, l'artista propone una manciata di composizioni decisamente inusuali e difficilmente definibili. La base della sua musica è una profonda immersione nel folk e dunque nel folklore di musiche che profumano di est, ma sanno essere cosmopolite ed eterogenee. La fusione di queste radici con un uso discreto dell'elettronica porta a fare paragoni con artisti come Zavoloka, alla luce del risultato trasversale. L'attitudine al ritmo forsennato ma delicato, quasi infantile, contribuisce a mischiare ulteriormente le carte, con un risultato a metà fra sperimentazione decostruzionista e pennellate pop.


Siamo dinanzi a un affresco vivace la cui estetica punta dritto a infantilismi folcloristici d’ogni sorta. Assistiamo a una brillante commedia il cui copione è costantemente triturato da burle acustiche, lanciate sul palcoscenico senza badare al suggeritore di turno, o a una tarantella moderna la cui ritmica assume andature birichine, collodiane. Imbattersi in dischi come “Astra & Knyst” equivale a farsi sedurre senza volere. Difatti, il paradosso immediato è che più ci si avvicina e più ci si rende conto di aver completamente fallito, immersi inconsciamente in un immaginario strumentale fuori dal coro, fuori dal tempo.

Ciò che traspare, fin dai primi rintocchi analogici, è un'attitudine virtuosa a intrecciare tele elettroniche di fattura volutamente grezza. Matrioske che danzano felici in qualche piazzale moscovita (“Kinak“, “Kreds“) o mere girandole di introiezioni elettriche di stampo circense (“Tonkmaskine”). Non vi sono pause. La corda gira, gira e conduce i sensi lontano da ogni forma di percezione visiva concreta, intuibile. L’ incanto è dover seguire questa scia di rumorini impazziti e lasciarsi cullare da tutta una serie incontrollata di tastierine psicotiche, che improvvisano ora inediti valzer (“Kakla“), ora coreografie naif apparentemente prive di uno schema precostituito (“Klap Dingdot”).

Banjo mandati in orbita con percussioni metalliche di contorno (“Astra”), organi elettronici che rimbalzano come palline nel flipper (“Krat”), nenie folk-troniche che richiamano i maestri del genere (“Pistol”), fra cui il giapponese Lullatone: non c'è limite alla fantasia, anche quando si spinge sull'acceleratore della sperimentazione (i loop arditi di “Tromle” e “Papirmekanik”, le chincaglierie stentoree nella conclusiva “Knyst”), mentre l'introduzione di suoni propriamente elettrici scuote il tono generalmente ovattato (la chitarra elettrica sclerotica in “Tonkmaskine”).

Siamo di fronte a un prodotto che affronta il tema della fusione fra strumenti acustici ed elettronici con ironia, inventiva e sfrontatezza. Fra umori infantili, sensazioni mitteleuropee e tentazioni avant, “Astra & Knyst” si merita un giudizio decisamente positivo, con la speranza che in futuro il suo autore sappia arricchire ulteriormente il suo teatrino sfavillante.

08/03/2010

Tracklist

1. Astra
2. Krat
3. Kinak
4. Pistol
5. Papirmekanik
6. Kakla
7. Tromle
8. Kreds
9. Klap Dingdot
10. Okse
11. Tonkmaskine
12. Knyst

Voks sul web