La musica è un racconto di esperienze vissute, piccole schegge di un resoconto che, come un diario, coglie sottili istantanee: è questo anche il percorso da cui nasce “Romancing The Bone”, un insieme di canzoni composte durante un viaggio in America del 2006 da Fabio Cussigh e abilmente vestite dalla produzione di Ru Catania.
Un racconto ora scanzonato (“Suze K”, Gay Bar”), ora più sofferto e vissuto ( “Night Jersey”, “Mess Around”), costruito su scampoli di blues folk e pop con scorie di soft-jazz e rock, il tutto condito da una malinconia mai ossessiva e da una giocosità mai stupida.
Sono racconti di solitudine sorretti da una ambiguità maliziosa (“Romancing The Bone” è un gergo per indicare la masturbazione), un insieme di esperienze sonore digerite e ricomposte con gusto, tracce di Lou Reed e spunti vocali alla Crash Test Dummies sono gli elementi più riconoscibili, ma le citazioni scivolano senza logica continuità con strane atmosfere glam inglesi e pop-jazz da bar di periferia newyorkese.
Ma nonostante il ricco insieme di spunti, il riascolto diventa forzoso e evidenzia i limiti delle canzoni che risultano gradevoli (“Just Call”) o fastidiose (“Shopgirl”), con toni leggermente più rimarchevoli in alcuni episodi (“Goldfinger”, “Mess Around”), ma sostanzialmente poco originali (“Little Student”, “Sisters Are Better”).
In definitiva non si giustificano le lodi e meraviglia che lo hanno preceduto, un album che non aggiunge elementi di chiarezza al confuso pop-rock del secondo millennio.
Onesto, anche leggermente stuzzicante, “Romancing The Bone” scivola via come una serata tra amici ricca di vaporosi ricordi; è innegabile un suo fascino eccentrico e scanzonato, ma come resoconto di un viaggio sarebbe stato preferibile un album di foto.
(14/04/2010)