Drunkdriver

Drunkdriver

2010 (Parts Unknown)
noise-rock, post-core

Le voci corrono. Pare che il batterista sia stato accusato di stupro – una cosa vecchia ("anche lei era ubriaca", "avevo solo 15 anni...", bla-bla) – e che la band abbia deciso di mettere fine alla sua avventura.

Il secondo disco, omonimo, in uscita per Parts Unknown, potrebbe rappresentare, dunque, il canto del cigno del trio di Brooklyn. Più orientato verso un velenosissimo post-core con punte di violenza tali da far pensare anche alle cose più selvagge dello screamo, questo albo si allontana dal viscerale noise-rock di “Born Pregnant” presentando una manciata di brani dal tiro micidiale, anche se non è arrivato, così come si sperava, il salto di qualità.

La band, in fin dei conti, non è mai stata una vera cima in termini di creatività: molta della sua fama nasce, evidentemente, dagli infuocati concerti, ma su disco non è mai andata (fatta eccezione per qualche caso sporadico) oltre una più che dignitosa manovalanza rumorosa e sovente distruttiva (con l’apice “sfrenato” di “Look Back and Laugh”, cover dei Minor Threat).
Comunque sia, in questi nove brani Mike Berdan (voce), Kristy Greene (chitarra) e Jeremy Villalobos (batteria) riescono a comporre un mosaico relativamente gustoso. Potente, ma meno abrasivo che in passato, il suono è una continua, chiassosa carneficina, racchiusa tra il maniacale, perverso martellamento di “The Accident” e le rocciose pareti di “All The Dead Dogs”.

Quel pazzo furioso di Berdan non perde occasione per mostrarsi assatanato e perennemente su di giri. Nell’ipercinetica convulsione di “Network” grida come un ossesso; nel blues storpio di “Choking Hazard” declama invasato come un predicatore ubriaco e in “Haunting” manca poco gli si spezzino le corde vocali. Il baccanale sonico dei tre ragazzi è perentorio, inflessibile, quasi sempre tirato via come una rasoiata arrugginita. Ma i brani non presentano sviluppi degni di nota, non feriscono come dovrebbero.

Il momento migliore del lotto (“Quality Of My Life”) arriva dopo la cartavetrata “Half Mast” e propone uno psicodramma claustrofobico che si muove al confine tra Cows, Crust e Drunks With Guns. Non mancano, naturalmente, anche le tracce dei Suicide, qui presenti nella paranoica e ossessiva “Bad Year”.
Ora, però, bisogna capire se metteranno Jeremy al fresco...

26/04/2010

Tracklist

1. The Accident
2. Network
3. Choking Hazard
4. Haunting
5. Half Mast
6. Quality of My Life
7. Prison Logic
8. Bad Year
9. All The Dead Dogs

Drunkdriver sul web