Le suggestioni dei mari del Nord e quelle della aperture armoniche del post-rock più coinvolgente, che tanta musica hanno saputo ispirare nell'ultimo decennio, hanno attecchito fin nel cuore del Mediterraneo.
Dal profondo Sud della nostra penisola provengono infatti gli Eimog, band agrigentina attiva ormai da cinque anni, periodo nel corso del quale ha attraversato tutta la trafila costituita da manifestazioni riservate ad artisti emergenti e copiose esperienze dal vivo, fino all'autoproduzione - nel 2008 - di un'Ep diffuso quasi più all'estero che in Italia.
Dopo questa lunga attività sotterranea, per gli Eimog è finalmente tempo del vero e proprio album di debutto, da poco pubblicato dalla neonata Sudway Produzioni e già in procinto di essere distribuito su scala mondiale, a cominciare dal Giappone, attraverso l'etichetta Friend Of Mine.
L'ora scarsa di musica racchiusa in "Scenario" colloca con decisione gli Eimog nel solco del post-rock chitarristico più convenzionale, quello legato ai "soliti" Mogwai ed Explosions In The Sky, al quale la band siciliana unisce la sognante emozionalità dei Sigur Rós e un'evidente propensione verso strutture compositive legate al classicismo, qui esaltate dall'accostamento di un violino e di un violoncello al nucleo strumentale originario costituito da tre chitarre, basso, batteria e pianoforte.
Sembrano dunque ricorrere tutti gli ingredienti essenziali per replicare i tradizionali (e abusati) schemi di quel post-rock tanto affascinante nei suoni quanto carente di reali opzioni stilistiche.
Tanto non basta, tuttavia, a liquidare frettolosamente "Scenario" come l'ennesima pedissequa emulazione degli archetipi del genere, poiché dal lavoro emerge se non altro la genuina ispirazione della band siciliana e la sua innegabile perizia nell'eseguire brani che, appunto, non si accontentano di replicare una forma, cercando invece una qualche propria sostanza.
Questa sostanza si concreta da un lato in tempi cadenzati e melodie languide di stampo sigurrosiano, dall'altro nel percettibile lavorio sotteso all'omogenea fusione tra fraseggi chitarristici e arrangiamenti d'archi, che ricorre in più passi dell'album e viene infine esaltato dall'intensità della conclusiva "Madre".
Quasi tutti i pezzi si svolgono in maniera misurata, prediligendo tessiture incrementali a climax repentini; benché non manchi una vera e propria esplosione (quella posta al culmine di "May Tries To Be June"), la parte di gran lunga preponderante del lavoro resta incentrata su un controllato romanticismo che trova adeguato coronamento attraverso il fondamentale contributo degli archi.
Si direbbe che la qualità degli arrangiamenti e l'ampiezza di respiro delle melodie delineate dagli Eimog necessitino di essere lasciate quanto più libere possibile di esprimersi in forme e tempi. Non sembra infatti un caso che gli unici due brani di durata inferiore ai dieci minuti ("Until Death Do Us Part" e "Jana") risultino anche quelli maggiormente appiattiti sui canoni degli Explosions In The Sky e che il crescendo e la successiva deflagrazione di "May Tries To Be June" denotino alla lunga una certa stanchezza. Meglio riusciti si rivelano invece i passaggi più morbidi e orchestrali, le cui trame niente affatto banali costruiscono una tensione in gran parte trattenuta con buona padronanza, come nell'iniziale "Saved By Thirteen" e nell'estesa "Building Empires Upon This Landscape".
Nel complesso, pur incardinandosi su linee espressive ormai ampiamente scandagliate, "Scenario" offre una sentita declinazione mediterranea di lande nordiche e paesaggi desolati, evidenziando la naturale inclinazione della band agrigentina per questo tipo di immaginari e il suo sforzo di trascenderne i soli aspetti superficiali. La stoffa c'è, ma il difficile viene adesso, sotto forma della sfida a oltrepassare recinti stilistici ormai fin troppo angusti.
03/03/2010