Kkoagulaa

Aurum Nostrum Non Est Aurum Vulgi

2010 (Aural Music)
progressive electronic

Passati dal black-metal delle origini a uno sperimentalismo post- in cui le radici metalliche venivano dissolte in un crogiolo di stili e di generi per lo più di matrice elettronica (il loro "Vilosophe" fu definito, per dire, un incrocio tra Katatonia, Radiohead e Aphex Twin), i norvegesi Manes sono entrati, negli ultimi anni, in una fase di stallo. Abbandonata la band, Ccernn ha deciso, quindi, di riprendere il cammino con un nuovo progetto, Kkoagulaa.

Sostanzialmente, il nucleo base della nuova entità è, comunque, rimasto quello della precedente esperienza, anche se adesso - e lo conferma, in primis, la scelta di rilasciare un disco con un'unica traccia di 54 minuti - il discorso musicale viene portato alle estreme conseguenze, anche in termini qualitativi. Se, infatti, l'esperienza Manes non mi ha mai del tutto convinto, questo "Aurum Nostrum Non Est Aurum Vulgi" (titolo impegnativo che rimanda al "Rosarium Philosophorum", testo alchemico del XIII secolo attribuito ad Arnaldo da Villanova) si è imposto fin dai primissimi ascolti come un'esperienza avvincente e, soprattutto, persuasiva. Il rischio di operazioni del genere è quello di risultare, in un modo o nell'altro, pretenziose... eppure, i Kkoagulaa riescono a mantenere desta l'attenzione per tutta la durata del disco, veleggiando attraverso i generi con ottima ispirazione.

Oppressivo ed epico, l'incipit ha il respiro di una sinfonia wagneriana, tra tastiere enfatiche e percussioni che ondeggiano mastodontiche. Tutto, però, di lì a poco si dissolve in una poltiglia scivolosa e deforme, i cui contorni surrealisti mimano ombre Vas Deferens Organization. In un continuum sonoro dai tratti "progressivi", si susseguono innumerevoli pannelli sonori, la cui resa complessiva è, in definitiva, quella di una vera e propria suite.
Ecco, dunque, un drum'n'bass tallonato da un vortice pulviscolare che si risolve in un gioco di specchi, dove pare di riconoscere anche la fuga interstellare (in reverse) di "Interstellar Overdrive" dei Pink Floyd, a ridestare fantasmi lisergici. Ecco, ancora, albeggiare uno swing caliginoso tra sensualità e perversioni gotiche (Depeche Mode + Dead Can Dance?), fino a un vorticoso ballabile industrial-ambient (con la voce a mediare tra Scott Walker, Marc Almond e Peter Murphy) che vira in appiccicose stroboscopie techno. Niente male, insomma per i primi venti minuti...

Con le chitarre confinate nelle retrovie e completamente trasfigurate, "Aurum Nostrum..." è, quindi, sostanzialmente un disco di elettronica progressiva. Un lavoro ambizioso, ogni segmento del quale è stato finemente cesellato oltre che posizionato con cura all'interno del flusso per ottenere il massimo grado di "rivelazione". Da fibrillazioni d'archi ed echi Enigma discenderanno, quindi, mulinelli di IDM tribaleggiante e in dub, anche se il mood complessivo è quello di un sermone apocalyptic-folk. E, quando l'incedere maestoso si inceppa, ecco sfilare break-beat svalvolati, turbini dadaisti, declamazioni sofferte, tribalismi meccanici e deformazioni new-age per pianoforte e rumori sparsi. C'è spazio, naturalmente, anche per un paio di minuti buoni di hip-hop, ma anche per del trip-hop in odor di jungle che scorrazza beota nel cosmo. Del retroterra metallico, insomma, nemmeno l'ombra... anzi, no! Manca poco alla fine quando salta fuori un demoniaco squarcio cyber-metal.
Uno dei dischi più esuberanti e "vivaci" dell'anno.

19/11/2010

Tracklist

1. Aurum Nostrum Non Est Aurum Vulgi

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