Con alle spalle un album inciso da teenager (con il moniker Cabinet) e prodotto da Richard Fromby - già collaboratore e produttore di Hood e Spacemen 3 - Daniel (Danny) Green non è un novellino della scena musicale. Trasferitosi a Brighton dalla natia Wakefield per ragioni sentimentali e inseritosi quasi per caso nel giro del Wilkommen Collective, in breve tempo Green ne è diventato parte integrante e ha contribuito, sia dal vivo che in studio, ai lavori di band dello stesso collettivo quali Sons Of Noel & Adrian, Shoreline e Climbers. Impegnato anche come batterista nei tour di Laura Marling, Danny ha comunque trovato il tempo di comporre e registrare l'esordio dei Laish, band che, nata come progetto pressoché solista, è adesso un quintetto.
Registrato interamente in casa con l'apporto dei musicisti del collettivo, l'omonimo esordio è un lucente gioiello di chamber-folk, un esempio raro di grazia e sincerità.
Le rigogliose melodie e il caldo timbro vocale di Green rendono i Laish unici in un panorama nel quale sono ormai moltissime le band che cercano, spesso con risultati meno convincenti, di catturare la magia del folk. Perché è di semplice e genuina musica folk che è intriso "Laish": musica folk composta e suonata con l'anima e che parla direttamente all'anima, musica folk che eleva lo spirito e accelera impercettibilmente, a ogni ascolto, il ritmo cardiaco.
Il sound soffuso e intenso della band ne disvela la compattezza e l'affiatamento, così come fanno le armonie vocali, e, a coronare tale esibizione di talento e misura, contribuisce in maniera decisiva l'elegante songwriting di Danny Green, che evoca sereno incanto e diafana fragilità ("Song On A Transition", "To Do").
Rimarchevoli anche i testi, semplici e significativi ("I'm a serious man, I'm a serious man/But you can make my voice change"), che riescono ad esplorare, con la naturale poesia contenuta nelle piccole cose quotidiane, situazioni di disagio ("So ask the man on the shop step/At midnight, wrapped in blankets/If he ever struggles with this pain/If he ever feels that things could change"), struggenti bozzetti di vita amorosa ("And tonight, we'll forget, lonesome longing and regret/For we are here to have it written/We are here to see it written down/ We are here, to see the love written down"), scene di ordinarie disfunzioni familiari ("My father was a troubled man/His was a burden he wore upon his face/Trust was not something his love inspired/He found a packet with a needle hole/And when I grew I wondered why/A needle hole above my eye/He said I was an accident/She said a happy accident"), senza mai dover ricorrere a insulse leziosità o eccessi di rabbia fuori luogo.
Con un incedere ritmico sobrio, chitarre pizzicate delicatamente e un ricco contorno strumentale che comprende violini, cornetta e fisarmonica, a colorare e avviluppare le offerte musicali di Green e soci, "Laish" è come un soffio di vento caldo in una gelida giornata invernale.
A volte le atmosfere si fanno più incalzanti, come in "Warmth And Humlity", nella quale gli echi yorkstoniani sono evidenti sia nel cantato di Green che nello sviluppo armonico, o nella trascinante "Pity No More" la cui coda vocale invoglia ad alzarsi in piedi per inscenare una malinconica ma scatenata giga. Qui e là, poi, fa capolino una screziatura psichedelica (ma sempre gentile e austera) e in questi casi viene alla mente, piuttosto che lo scozzese Yorkston, il menestrello Robyn Hitchcock ("We Speak The Mantra").
Sono le canzoni, comunque, che siano ondeggianti e disadorne ("Anymore") o in crescendo e arrangiate raffinatamente ("The Love Written Down"), la vera forza di un lavoro che possiede grande personalità proprio grazie alla sua semplicità e all'approccio profondamente onesto.
I Laish richiedono attenzione, insomma, ma lo fanno senza tentare numeri da circo o soluzioni sonore ardite. E, forse, è nel brano più convincente del lotto, "Warmth And Humility", che si trova il manifesto, non solo sonoro, del progetto di Danny Green: i Laish si propongono all'ascoltatore proprio con calore e umiltà riuscendo, al primo tentativo, ad ammaliare e convincere con un piccolo lavoro dalla disarmante bellezza.
(30/12/2010)