C'è da rallegrarsi
Ragazzi, nascondono un segreto nei palazzi
C'è da preoccuparsi
Ragazzi, nascondono un segreto nei palazzi (...)
Un segreto. E non il solito segreto di Pulcinella, una volta tanto. Un segreto che ora che è stato rivelato rischia seriamente di lasciare il segno. Fare, o non fare, non c'è provare. Non è un segreto, d'altronde, che in Italia non è mai esistita una scena avant-hop degna di questo nome, intesa come sistema di valori musicali, sinergie, progetti comuni di largo respiro. Sì, certo, ci sono state e, per fortuna, ci sono ancora splendide realtà autoriali in qualche modo legate a questo stile: i vari Uochi Toki, Dargen D'Amico, Two Fingerz, Crookers, Gli Inquilini, Il Lato Oscuro Della Costa, l'album di Lord Bean (“Lingua Ferita”) con basi di El-P estratte dal suo disco maestro “Fantastic Damage” e chi vuole aggiunga pure altro, di sua conoscenza. Splendidi semi profusi a manciate nel suolo duro dell'hip-hop nazionale (e tradizionale, per non dire conservatore) e che, nonostante l'entusiasmo di buona parte della critica, hanno sempre mostrato una certa fatica nell'attecchire.
Night Skinny, l'ambizioso progetto varato dal produttore e beatmaker Cee Mass, sembra quasi voler reagire d'urto a questa perenne frammentazione, a questa mancanza di coesione, riunendo attorno a sé buona parte dell'arcipelago alt-rap italiano e lanciando un ponte oltreoceano verso la New York del già citato El-P, degli Antipop Consortium, dei Cannibal Ox (gli ultimi due significativamente presenti, con alcuni dei loro membri, nelle canzoni di quest'album). E fa la differenza: perché “Metropolis Stepson” non è solo un concept ambizioso, ma anche concreto, meditato, elaborato, e rappresentativo del “paese reale”, come va di moda dire oggi. Un paese che non ha un correlativo geografico ma s'identifica con quella sorta di non luogo planetario, globalizzato e post-industriale in cui viviamo. Sotto “il cielo rovesciato da New York a Quarto Oggiaro” come preconizzavano, già una decina d'anni fa, gli Assalti Frontali. Una creatura distopica, classista e fantascientifica, figliastra indegna della “Metropolis” di Fritz Lang, come precisa il titolo, che va dal Bronx a Calvairate passando per Scampia, San Salvario, Cornigliano eccetra, senza confini precisi e senza soluzione di continuità. Un labirinto kafkiano in cui solo la musica può indicarci una pur vaga, indistinta via d'uscita.
Una costellazione sonica di portata internazionale esplorata da una batteria di mc agguerriti e ben assortiti (su tutti: i fuoriclasse nostrani Esa, Lord Bean, Mastino, Lugi, Mental D Tektor, gli americani M. Saiyd e H. Priest, via Antipop, Vordul Mega dei Cannibal Ox e il “naturalizzato” Dre Love) e da un manipolo di ben sei dj (fra cui brillano dj Myke, dj Ronin e l'ormai mitologico Tayone). E un lavoro di scrittura e produzione che lambisce l'eccellenza. Con quel tocco tipicamente “all'italiana”, nel senso cinematico oldschool, e quindi migliore, del termine, che già il brano dell'epigrafe, “Il Segreto Nei Palazzi”, lascia ampiamente intuire: glitch-hop metropolitano a cui Cee Mass e Dj Ronin conferiscono un taglio sottile e cantilenante da gotico italiano anni Sessanta ed Esa fa il resto con quella sua immarcescibile intonazione fra il divertito e il disilluso. Così pure la bellissima “You And I” che riesuma il carillon “leoniano” di “Per Qualche Dollaro In Più” su synth taglienti e squarci di soul meneghino con Lugi, novello Lee Van Cleef, che conta le battute che mancano alla resa dei conti, innalzando un peana alla forza della musica.
E se i napoletani Op. Art in “Subway Connection” e “Duorm'” esorcizzano con cadenze acuminate e robotiche (nella seconda affiora, sfigurato, persino un sample di tarantella) un interno/inferno secessionista e scissionista, “Handmade Grenade” (con gli Antipop) e “No Way Out” menano giù brutto con segherie industriali alla El-P e funk malmostoso e batteriologico. Ma la cosa strabiliante è che su 18 tracce (più due eventuali bonus) non ce n'è una che manchi il centro rosso del bersaglio (a parte forse “Traffic”, ma solo per colpa delle liriche di Tormento che anziché restare “on topic” non trova di meglio che “bullarsi”, come al solito, di se stesso): in “Chiacchiere E Immagine”, Mastino e Lord Bean mandano letteralmente in frantumi gli schermi ultrapiatti della nostra “videocrazia”, cavalcando una sorta di “funk siderale” (la definizione è dello stesso Lord Bean, e cercarne una più attendibile è tempo perso), l'incedere lento, tetragono e spossante di “NYC Born” (animata da Dre Love, un veterano della “connection” italo-newyorkese già ai tempi di “Puoi Sentire Il Funk” con Neffa) è da reduci del Vietnam costa Est degli anni 90, della sporca guerra di Rudy Giuliani, “Demolition In Progress” è sinistra, cinematica, “carpenteriana”, “fuga da New York” mica per nulla, “Cattivi Pensieri” è chicchi di grandine glitch sul punto di liquefarsi su una base rovente, disarticolata, sfrigolante con Mastino che sputa perle come “(...) Perché? Mi chiedo/ Guardo dentro me e vedo/ Idee tanto malsane che scappa pure il mio alter ego”, la vertiginosa “Triangolio”, l'hip-hop visionario e fanta-futurista come potrebbero concepirlo i Wu-Ming di “Havana Glam”.
Solo il soul/wave di “Back To NY” o quello vampirico della title track (entrambe con la coppia Free Form e dj Myke in azione) e la morbida “I Go To Sleep” concedono qualche attimo di tregua apparente. Anche se l'apice lo si tocca nei 18 asfissianti minuti di “Phantom”, un dedalo di collage, arie cinematiche, finestre synth che non ridono ma digrignano e pavimentazioni industriali, all'interno del quale Vordul Mega srotola il suo chilometrico poema in stile Phil K. Dick.
Ebbene sì, in questo non futuro oltremodo preoccupante, per gli ascoltatori di Night Skinny “c'è da rallegrarsi”. Ma sul serio.
22/07/2010