Amor De Dias

Street Of The Love Of Days

2011 (Merge)
chamber pop, psych-pop, folk

Può sembrare strano e fuori dai classici schemi "recensori" iniziare la disamina di un album partendo da una recensione altrui. Eppure...
Eppure a volte è utile e quasi di rigore: quando, oramai qualche mese fa, usciva "Street Of The Love Of Days", l'esordio discografico degli Amor De Dias, la sempre troppo osannata webzine Pitchfork si affrettava a scriverne in termini molto tiepidi e a bollare l'operazione con un alquanto enigmatico 5.7 (ovvero: un disco insufficiente ma non del tutto, che, con un po' di impegno, potrebbe raggiungere una promozione molto risicata). Il recensore di turno argomentava come l'album fosse un'operazione affrettata e poco a fuoco, adatta a fornire un'atmosfera, ma non abbastanza valida dal punto di vista del songwriting. L'impressione iniziale, effettivamente, dopo i primi, distratti, ascolti, potrebbe essere quasi condivisa.

In realtà, tuttavia, l'esordio degli Amor De Dias è una faccenda ben più complessa e articolata.
"Street Of The Love Of Days", infatti, lungi dall'essere un lavoro superficiale ed estemporaneo, è semplicemente un album che rifiuta di conformarsi ai dettami musicali dei nostri tempi (quei dettami che, in fondo, webzine come Pitchfork hanno contribuito in maniera sostanziale a imporre): composto da brani fragili e diafani, da melodie che si infrangono e riaffiorano, con arrangiamenti tenui e agili e voci che pervadono l'orecchio e la mente timidamente, quasi chiedendo il permesso, "Street Of The Love Of Days"  è un album "sbagliato" in un'epoca ove la bulimia musicale ha raggiunto livelli parossistici e qualsiasi opera d'arte (o di artigianato), per avere successo (anche solo di critica) deve colpire immediatamente, senza por tempo in mezzo.

Sotto questo profilo il recensore d'oltreoceano non è da biasimare: le composizioni degli Amor De Dias si insinuano sotto pelle piano piano, discretamente, e finiscono con l'essere come quegli amici che appena conosciuti sembrano un po' scialbi e senza personalità tanto sono timidi, ma cui basta dedicare un po' del nostro tempo perché diventino indispensabili.
"Streets Of The Love Of Days" riesce ad essere proprio questo: un amico rilassato e non invadente su cui poter fare affidamento in qualsiasi momento. Nei pigri pomeriggi estivi, cullati dalla musica e dall'infrangersi delle onde sulla battigia lontana, nelle serate più fresche dell'autunno, tentando di percepire tra le note il sussurro delle foglie ingiallite che cadono, così come nelle albe intirizzite e plumbee dell'inverno, ove il risveglio al suono di una voce amica è tutto ciò che serve per trovare la forza di cominciare una giornata.

Ma andiamo per ordine.
Gli Amor De Días nascono nel 2008 a Londra, dove Alasdair MacLean, mente dei Clientele, e Lupe Núñez-Fernández, cantante del misconosciuto (e fantastico) duo indiepop Pipas, cominciano a elaborare e scrivere i brani che solo a 2011 inoltrato andranno a comporre "Street Of The Love Of Days" il loro attesissimo (almeno dagli amanti delle band di origine) lavoro d'esordio.
Per dare colore e consistenza alle quindici delicate e fragili composizioni che animano l'album sono stati chiamati a collaborare una folta schiera di musicisti e amici, quali Damon Krukowski e Naomi Yang (già Galaxie 500 e poi Damon & Naomi), il musicista e arrangiatore francese Louis Philippe e Gary Olson (Ladybug Transistor)
Il risultato di questo incontro artistico (e non solo, dicono i ben informati) sono quindici bozzetti bucolici a cavallo tra chamber pop, gentile psichedelia, folk britannico e indie pop.

È l'iniziale "Foxes' Song" (che, ripresa in chiusura, invoglia a cominciare l'ascolto da capo) a dettare il tono di tutto il lavoro: il lungo, sonnolento e sognante intro strumentale fatto di piano, archi, arpa e bouzuki, lascia spazio alla voce sussurrata e malinconica di Lupe. Quando, però, sembra che il brano stia raggiungendo il proprio climax, ecco, repentina e improvvisa, giungere la fine. E l'inizio di un nuovo brano, un nuovo vagheggiamento.
Questo schema si ripete lungo l'arco di tutto l'album e ne è la caratteristica principale. Pochi brani hanno uno sviluppo melodico compiuto (l'eccezionale "House Of Flint", la delicata bossa nova di "I See Your Face", con un sassofono che echeggia i Pale Fountains, "Dream (Dead Hands)", inevitabilmente sognante, o la title-track, tra le cose più vicine ai Clientele)", nessuno supera i quattro minuti (l'unico che li raggiunge è, non a caso, una rielaborazione in chiave autunnale e acustica della splendida "Harvest Time" dei Clientele).

Ciò che potrebbe essere considerato un difetto, tuttavia, è il maggior pregio di "Streets Of The Love Of Days": i sentimenti, le sensazioni, le impressioni cui tutti i brani fanno riferimento sono solo accennati, suggeriti, quasi che Alasdair e Lupe avessero troppo pudore per sbandierarli ai quattro venti, quasi che fossero troppo intimi e personali per poterli pienamente condividere con tutti, indiscriminatamente.
E così la briosa e psichedelica "Late Mornings","Birds" con la propria andatura scarna, la murdochiana "Wandering", il fuggente sogno pastorale di "Wild Winter Trees" risultano, pur nella loro estrema concisione, emotivamente dirompenti proprio grazie a ciò che non dicono, grazie alle loro omissioni sentimentali.
Tutto è misurato in questo lavoro, non ci sono toni enfatici, proclami urlati, brani dall'impatto effimero e immediato. Eppure tutto funziona in maniera mirabile, mano a mano che, presi sotto braccio, ci insinuiamo, anche noi timidamente, tra le strade dell'amore dei giorni (titolo che, a quanto pare, è semplicemente frutto del più classico "lost in traslation").

L'esordio degli Amor De Dias è, in definitiva, una creazione imperfetta, nella quale spesso è più ciò che viene sottointeso che quanto viene esplicitato. Ma è un album che proprio grazie alla sua orgogliosa imperfezione riesce in qualche modo a riconciliare con il mondo, anch'esso, del resto, una creazione fortemente imperfetta.
Resta il dubbio che anche il recensore, così come ha fatto la band, avrebbe dovuto lasciare molte cose non dette, forse addirittura tacere ed evitare di vivisezionare un'opera struggente e incantevole, godendosi e lasciando godere all'ascoltatore un album sincero e meraviglioso.

Disco dell'anno? Probabilmente. Ma, per favore, non ditelo a nessuno.

11/12/2011

Tracklist

  1. Foxes' Song
  2. House of Flint
  3. Bunhill Fields
  4. Season of Light
  5. Late Mornings
  6. Harvest Time
  7. Dream (Dead Hands)
  8. I See Your Face
  9. Stone
  10. Street of the Love of Days
  11. Birds
  12. Touchstone
  13. Wandering
  14. Wild Winter Trees
  15. Foxes' Song (Reprise)

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