Circle Of Ouroborus

Eleven Fingers

2011 (Handmade Birds Records)
experimental black metal, post-punk

"C'è un concetto che corrompe e altera tutti gli altri. Non parlo del Male, il cui limitato impero è l'etica; parlo dell'Infinito".
Così si esprimeva anni fa Jorge Luis Borges, uno che l'infinito l'ha scrutato per una vita intera. Questo concetto così controverso, che ha permeato la storia del pensiero umano da sempre, ha finito per estendersi allo scibile tutto e, del resto, cos'è nelle relegioni l'infinito se non la traccia di Dio? L'essere che non ha fine e non ha inizio.
Quando però questo concetto viene proiettato sulla umana condizione, quando abbandona le sfere celesti per calarsi sulle nostre miserie, l'infinito finisce per coincidere con il vizio. Non a caso Oscar Wilde così scriveva: "Gli dei sono strani. Non si servono solo dei nostri vizi per flagellarci. Essi ci spingono alla rovina anche per mezzo di quanto in noi è onesto, gentile, umano, tenero".
L'uroborus al quale si sono ispirati Atvar (noto anche come Rauta) e Antti Klemi, i due membri finlandesi che danno vita a questo strano e occulto progetto black metal, è il classico simbolo del serpente che si morde la coda, fino a formare un cerchio; quel cerchio è tanto il simbolo dell'infinito quanto del vizio, quella dualità che alberga nell'animo umano e che ne determina le miserie, morali e non solo.

Inseritisi nel filone più progressive (in senso lato) del black metal scandinavo, quello affine agli Enslaved tanto per intenderci, a questo giro i Circle Of Ouroborus hanno provato addirittura a fondere le caratteristiche salienti di quello stile con il post-punk che fu, ad esempio, dei Joy Division; questo forse farà storcere il naso a molti (su entrambi i "fronti") ma è evidente che il metal si alimenta, deve alimentarsi, di fonti esterne sempre più articolate, in maniera quasi vampiresca.
Atvar non è nuovo nel giro finnico ed è un polistrumentista che ha collaborato nei più radicali progetti black metal di quei posti: Impervious, Rahu (il simbolo del drago/serpente, questa volta indù, che ritorna), Karmic Void e altre esperienze che raramente sono andate oltre a qualche demo o qualche compilation.
Affiancatosi nel 2005 al vocalist e autore di liriche occulte Klemi, proveniente dai Mental Terror (band death, da non confondere con i brasiliani Mental Horror, che con "Revival in Terror" fece un po' di rumore in Finlandia qualche anno fa), i due, dopo un iniziale demo, "Introitus", mettono in commercio nel 2006 per la Target un controverso "Shore", contenente il brano "You Are Just Mirrors" che li ha accreditati tra gli esponenti più radicali dell'occultismo metal scandinavo. Da allora la macchina di ombre e devastazione non s'è fermata e ha continuato a scavare nei solchi della miseria umana con pervicacia, senza mai abbandonare le tenebre dei circuiti underground e con discreta prolificità (quasi un disco all'anno, molti Ep e qualche compilation).

Questo "Eleven Fingers" è il loro parto più ambizioso; ce lo fa capire già il semplice fatto che la produzione ha abbandonato il profilo lo-fi degli esordi per affidarsi nientemeno che a James Plotkin, uno dei padri indiscussi del metal contemporaneo, che ne ha curato la masterizzazione. Messo inizialmente in commercio in sole 500 copie su vinile per la Handmade di R. Loren, entro la fine dell'anno dovrebbe uscire anche in cd.
Il mix espressivo determinatosi tra il metal e il post-punk è davvero vincente e segno che nel metal, quando si osa, i risultati non tardano ad arrivare; questo disco, in effetti, è in grado di catturare anche l'ascoltatore poco avvezzo al metal scandinavo, come il sottoscritto. Il sapore "curtisiano" della voce di Klemi è stupefacente, considerati i testi allucinati e il risultato è un black metal "freddo", a tratti addirittura confortevole (post-black metal?).
Un brano come "Warpath" offre un soffice muro psichedelico (synth e chitarre) che si erge tanto incontrastato che la voce di Klemi, sforzata e allucinata, a stento riesce a travalicarlo, connotandosi di una ipnoticità (che l'avvicina fortissimamente a Ian Curtis) sorretta egregiamente da un drumming incalzante, in uno dei brani più incredibili ascoltati quest'anno. Questa è, per così dire, la cifra stilistica che la fa da padrone nel disco, caratteristica della dinamica e della poetica del duo finlandese.

Questo cammino verso le profondità del lato oscuro dell'essere umano si svolge all'insegna della trance e dell'ipnotismo, quasi come se di canzone in canzone i Circle Of Ouroborus vogliano far compiere all'ascoltatore un percorso non dissimile da quello compiuto da Dominic nel film "Inception" di Nolan. Alla fine, il punto di arrivo non può che coincidere con quello di partenza; sta a voi decidere se si tratta di un'astuzia musicale oppure di un furbo tranello di Satana.

03/01/2012

Tracklist

Lato A

  1. The Prayer
  2. Shadows Lead
  3. Warpath
  4. Staining the Paper To Create


Lato B

  1. Sigil of Suns
  2. Magenta Chambers
  3. Soul To The Body

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