Colin L. Orchestra

Infinite Ease / Good God

2011 (Northern-Spy)
alt-country-rock, psichedelia, art-rock

Le folli evoluzioni math-noise-prog dei The Usa Is A Monster non sono più, visto che il recente “R.I.P.” ha messo fine alla collaborazione tra il chitarrista Colin Langenus e il batterista Tom Hohmann. Poco male, perché, morto un papa, se ne fa un altro e, dunque, Colin ne ha approfittato per concentrarsi sul suo nuovo progetto, Colin L. Orchestra, in cui ha coinvolto ben trentatre musicisti, tra chitarristi, violinisti, tastieristi, bassisti e fiatisti di ogni tipo. Lo scopo? Realizzare "una musica che nasca dalla gioia di mettere insieme e veder suonare tutta questa gente”; “una musica che sarebbe piaciuta a mio padre”, aggiunge candidamente. E, allora, vai di country-rock più o meno alternative, più o meno psichedelico, condito con dosi moderate ma decisive di weirdness, epos dilatato ed elegiaco stupore.

Diviso in due parti, “Infinite Ease/Good God” (che ha richiesto tre anni per essere completato) è il disco che non ti aspetti da un tipo come Colin, così simpaticamente bonario in copertina, con la sua fida sei corde stretta al petto. Non ti aspetti, insomma, cose come la bellissima “You Need Sleep”, delicata ninnananna country che saltella tra echi lontanissimi di desolazioni sommerse, squarci di trasognato candore e galoppi in slow-motion dentro meriggi di vetro. Brividi cullati da tetre lagune da cui emergono tragici acquerelli chitarristici (“Descaped”), ritmiche impazzite che preparano il terreno per cavalcate furiose (“Beer Can”), escursioni umorali altezza Gram Parsons (“Numbers Hall”, con liriche gloriose come “But I just want to fornicate/ to fornicate/ to fornicate…”) e momenti più arditi, come il misticismo hippie di “Hold Tite”, diluito in un inno sbilenco, destabilizzato, prossimo a una sciamanica estasi drogata. Tim Buckley e Peter Green rassegnati al chiaro di luna, dinanzi a un fuocherello di fortuna…
"Best Thing”, invece, chiude il primo disco con una lunga dissertazione contesa tra solennità sudista, ruvidezze Neil Young (diciamo epoca “Everybody Knows This Is Nowhere”) ed eccentrici cortocircuiti avant.

Con brani mediamente più concisi, “Good Good” lavora sul formato canzone, senza disdegnare, comunque, l’audacia delle soluzioni messe in campo. Scoppiettante e, a suo modo, “teatrale”, “Smoking” rimette in gioco il pendolo che oscilla tra passato e presente, pescando anche dal bluegrass. Vengono disinnescate, dunque, ricognizioni cowpunk sotto il sole accecante del deserto (“Paradise” e i Meat Puppets redivivi di “Keep One Tree”), trascinanti baraonde di armoniche e sfiatatoi assortiti (“Nothing To Say”), fantasie eclettiche (“Need To Know”) e sussulti fuzz ("Socialite").
La cura per il dettaglio è amplificata dall’ottima produzione e, grazie a delle buone cuffie, potrete gustarvi con sommo piacere proprio quei momenti in cui la musica si disperde in sfuggenti e parallele prospettive: le suggestioni psichedeliche che mutano in corali festanti di “Surrounded By Love”, le reminiscenze The Band dentro crepuscoli incantati di “Doom” e, soprattutto, "Dreams My Only Friend", sognante gospel dalle maliziose tinte caraibiche.
Grazie per la bella sorpresa, Colin!

27/08/2011

Tracklist

Infinite Ease

1. You Need Sleep
2. Beer Can
3. Descaped
4. Numbers Hall
5. Hold Tite
6. Best Thing

Good God

1. Smoking
2. Paradise
3. Nothing To Say
4. Keep One Tree
5. Need To Know
6. Socialite
7. Surrounded By Love
8. Doom
9. Dreams My Only Friend
10. Lose My Heart

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