Nulla di nuovo in verità, Cars e Wolf Parade sono citati tra le loro influenze ed è logico un patrimonio comune, ma, a differenza delle due band citate, il gruppo è ancora alla ricerca di uno stile personale.
La teatralità alla Sparks che anima la simpatica “Morning Light” e il riff di “Spirit World” sono omaggi garbati e piacevoli alla devozione per David Bowie e Roxy Music, nonostante ispirazione e tocchi geniali scarseggino.
Non è che facciano difetto gusto e coraggio, ma una sequenza eccessiva di richiami e una maniacale ricerca di soluzioni elaborate appesantisce le idee, ed ecco che “Mohair Sweater”, “Oyster And Pearl” e “Empty Hands” restano privi continuamente di fulcro lirico, annoiando e irritando.
Più briosi risultano i brani pop: “Wilderness” sembra un inedito degli O.M.D, “Islands” è quasi una b-side dei Cars, ma quello che resta evidente è la impossibilità di svincolarsi dalla greve sezione ritmica che non libera le poche intuizioni felici dell’album (si ascolti “Ink Spots”), ma costringe la loro creatività in sonorità familiari e derivative, che restano piacevoli in superficie senza affondare.
La già citata “Spirit World” evidenzia anche elementi di pop-rock AOR che, incapsulati tra power-pop (“The Great Unknown”) e effluvi ironici (“Scrapbook”), indicano un patrimonio lirico incerto.
Senza rinunciare a episodi più soft come “Portuguese Lessons” e “1993”, i Great Nostalgic indugiano in arrangiamenti eccessivi, che rendono l’ascolto faticoso e lasciano perplessi quando l’apparente complessità si trasmuta in presunzione e il sarcasmo sfiora l’insensatezza.
Pur conservando una solidità sonora interessante, "Hope We Live Like We Promised" non riesce a lasciar nessun segno nell’ascoltatore attento: nel tentativo di celebrare il passato, i Great Nostalgic ne certificano il fascino irripetibile ma smorzano le loro speranze di poter sopravvivere alla loro musica.
(02/07/2011)