Il cantautore catanese Enrico Lanza debutta su lunga distanza a fine 2011 con "L'uomo nudo", a nome Mapuche. In questa prova non più solamente acustica, come nel caso dei suoi primi parti brevi (omonimo del 2008 e "Anima Latrina", 2011), lo accompagnano Lorenzo Urciullo a chitarre, banjo e tastiere, e Toti Valente a batteria, synth e percussioni.
"Il dromedario" sbarella tra l'avanspettacolo di Cochi & Renato e le canzoni incazzose di Rino Gaetano; e poi si presenta "L'uomo nudo", un duetto tra canto sguaiato e arrangiamento stranito, con ritornello dialogico surreale; quindi si giunge a "Io a scuola non ti accompagno più", per strimpellii di banjo e armonie corali invisibili. "La parte peggiore" è ancor più sbrigliata nel far corrispondere j'accuse alla Francesco Guccini e arrangiamenti quasi psichedelici-mistici.
"Io non ho il clitoride" sonda un altro stereotipo, quello della ballata lo-fi (ma sferzata dalle sinusoidi stridule e istintuali della voce), mentre "Fogna" si adagia in un clima di accompagnamento smunto, frugale, e di ritornelli sofferti. In quest'atmosfera di equilibrismo emotivo, non sfigura una breve taranta salentina come "L'atto situazionista", con flauto e contromosse tango.
In "Malvolentieri" Lanza modula la voce per intonare una canzone depressa, ma poi un nuovo urlo la trasforma in compìto, sensuale lento doo-wop. È un'anticipazione dell'appropriata fase terminale dell'opera, la presa di coscienza che fa piegare l'autore su se stesso e sul suo lato sofferente, attorniato di vibrati sospesi e coro trascendentale ("Al mio funerale").
Innamorato di vaudeville, Lanza snocciola un saggio di disinibita maestria nella revisione degli stereotipi, veicolo (simbolo) di un blocco interiore da demolire, sbrigliando voce e arrangiamenti, accordando i comprimari come in una libera uscita. E i non pochi ospiti. Loser, hipster, ma solo nella facciata; Dente sbava per la sua colorata sbracatezza.
05/02/2012