Quattro album di intenso songwriting, che hanno ricevuto il plauso dei critici e di personaggi importanti come Bob Dylan, non hanno garantito una vendita sufficiente a conservare l'autonomia produttiva del musicista irlandese.
Il passaggio alla One Little Indian è l'occasione per riproporre all'attenzione del pubblico un catalogo ricco di suggestive ballad, in bilico tra Byrds e Simon & Garfunkel.
Quello che sorprende è l'omogeneità della sua produzione. "In Silence" ripropone nove brani dei due album precedenti e la "Matty Groves" dall'Ep del 2010, il tutto incorniciato da due brevi strumentali ("The Who Dreamed" e "In Reverse").
La musica di Marc Carroll ha tinte folk, ma è intrisa di un fluido punk che corrode le sue armonie con struggenti accordi che elevano il pathos di "Love Over Gold" e "Matty Groves", mentre le scale armoniche e le timbriche cristalline rinforzano il lirismo coinvolgente di "Against My Will", "Always" e "In Agreement With Reality".
Le sue creazioni non inseguono i flussi low-fi e non si contagiano con le ambizioni dei nuovi idoli indie-rock. Marc Carroll non insegue le regole del successo. Alla soglia dei quarant'anni può vantare una scrittura solida e autorevole che gli avrebbe permesso di scrivere almeno un hit-single, ma perché offuscare un lavoro più intenso e valido ricoprendo il tutto col bagliore della notorietà?
Marc Carroll rifugge il mainstream ed è solo alla ricerca di un modo per far arrivare le sue canzoni a chi le amerebbe comunque. La maestosità di "A Way Back Out Of Here", la forza suggestiva di "What's Left On My Heart" e l'impetuoso groove di "In Agreement With Reality" sono frutti preziosi da cogliere senza fretta: non matureranno né conosceranno la sconfitta della putrefazione.
19/11/2011