Mentre si avvicina ad ampie falcate il ventennale del capolavoro collettivo "Enter Wu-Tang (36 Chambers)", la saga collaterale e individuale del Clan si arricchisce di un nuovo episodio parallelo.
Corey Wood, nome di strada Raekwon, è sempre stato uno dei più inquieti e originali interpreti della koiné musicale ereditata dal gruppo principale. Inquieto al punto da rivendicare con crescente insistenza, nel corso degli anni, la propria autonomia artistica e produttiva ed entrare spesso in aperto conflitto col "sovrano panafricano" Rza. Originale (e ambizioso) tanto da mettere a segno, nel dittico "Only Built For Cuban Linx", una straordinaria doppietta personale degna di figurare tra le opere più significative del ciclo del Clan e dell'hardcore-rap tutto.
Ma se in quel caso, a dispetto del ruolo di assoluto protagonista giocato dal rapper, ci si manteneva di buon grado sotto l'egida del mogul di Staten Island, l'idea alla base del nuovo "Shaolin Vs Wu-Tang" era inizialmente ancora più estrema e separatista: realizzare una propria libera trasposizione del wu-sound, a cui avrebbero partecipato tutti i membri originari tranne Rza, e riportare in auge quel tiro tagliente ed esplosivo che, a detta del dissidente, specie nell'ultimo album reunited ("8 Diagrams"), si era un po' indebolito. Peccato però che il progetto, di lunga gestazione (se ne parla dal 2007), si sia drasticamente ridimensionato col passare del tempo. Nel formato attuale, l'album, pur escludendo di fatto il contributo di Rza e rifacendosi all'iconografia tipologica del Clan, ospita soltanto tre storici componenti (Method Man, Ghostface Killah e Inspectah Deck), oltre allo stesso Raekwon.
Circondandosi di un ampio team di produttori duttili e navigati (fra gli altri: Havoc dei Mobb Deep, un "allievo" di Rza come Mathematics, vecchi amici della oldschool come Kenny Dope e marpioni del mainstream come DJ Khalil, Scram Jones e perfino P. Diddy con la dicitura Sean C & LV), Raekwon non tenta nemmeno un apostatico "ritorno alle 36 stanze" ma incrocia in maniera più oculata l'essenzialità ritmica e armonica del Clan con le contaminazioni cinematiche di "Only Built For Cuban Linx... Pt 2". Il risultato, pur con qualche variazione degna di nota, è fin troppo stringato, prevedibile, un po' facile e ripetitivo, anemico dell'afflato corale, di quella polifonia marziale che, non ce ne voglia Rae, Rza sapeva imprimere ai suoi protetti.
La mancanza del "rasoio" incide eccome, insomma, e non viene compensata né dai featuring un po' fuori fuoco - Nas in "Rich And Black", Busta Rhymes in "Crane Style", Black Thought dei Roots in "Masters Of Our Fate" - né da puntate più estroverse e patinate come "Rock'n'Roll" (decisamente brutta). Il grande mestiere e l'innegabile fascino di anthem nel solco della scolastica Wu come la title track, "Every Soldier In The Hood", "Butter Knives" (la più reminiscente dei "Cuban Linx") e "Silver Rings" rialzano le quotazione del disco ma senza entusiasmare, a meno di non essere inguaribili collezionisti e nostalgici. Meglio allora le aperture alla blaxploitation di "From The Hillz" e "Molasses" (con Meth e Ghostface a dare man forte), le nodose e dissonanti "Last Trip To Scotland" (sferzante e jazzata) e "The Scroll" (acida e pow-wow), come pure la solenne "Ferry Boat Killaz" (belli i pattern di archi e piano elettrico 60's).
Opera di raccordo nell'immenso arcipelago discografico del Clan, ennesimo tassello di una vera e propria istituzione dell'hip-hop (post)moderno, "Shaolin Vs Wu-Tang" ha poco o nulla da aggiungere agli allori del passato. E ribadisce l'impressione che se, in un'ipotetica sfida all'ultimo sangue, Raekwon fosse lo "Shaolin" e Rza il "Wu-Tang" sarebbe con ogni probabilità quest'ultimo a sferrare le combo più letali e a terminare in piedi il combattimento.
14/03/2011