Triumph of Lethargy Skinned Alive to Death

Some Of Us Are In This Together

2011 (Don't Stop Believin')
art-rock, grunge, psichedelia

Probabilmente, molti ricordano Spencer Moody come il cantante dei garage-rockers The Murder City Devils. Ma da un po’ di anni, sempre nella piovosa Seattle, Moody è alla guida di un altro progetto musicale, in compagnia di Corey J. Brewer, Andrea Zollo e Joel Cuplin.

Triumph Of Lethargy Skinned Alive To Death, questo il chilometrico nome della nuova fromazione, nascono nel 2003 e, durante gli anni, sviluppano un sound capace di mediare tra umori “garagisti”, psichedelia altamente “emotiva”, post-punk, grunge e rade pulsioni sperimentali. Poco conosciuti anche nei “bassifondi” del rock, i Nostri si ripropongono oggi con un lavoro assolutamente convincente, pregno di incubi metropolitani che evocano, spesso e volentieri, le nevrosi degli indimenticati Toiling Midgets degli esordi.

“Some Of Us Are In This Together“ è, dunque, l’ennesima cartolina da quel “mare dell’inquietudine” che tante band ha visto dolcemente “naufragar”. I pomeriggi interminabili e uggiosi, le notti senza fine dove il silenzio risuona come un’atroce premonizione, ma anche la gloria distesa del mezzogiorno che tutto sembra cingere d’assedio: sono tante, insomma, le immagini e le sensazioni che questo disco riesce a trasmettere, sempre con un’umanità viva e sincera, un’intimità a tratti quasi disturbante.

Accanto a numeri più sguaiati e incalzanti (“Greedy Man”) o, comunque, legati all’enfasi del punk (“Hey Asshole”, filtrata, però, da una weirdness trattenuta ma comunque reminiscente dei Butthole Surfers più mattacchioni; “Let’s Leave The Elephant In The Room”, nella quale i Sonic Youth s’aggirano come spettri isterici), fanno capolino momenti relativamente più sommessi, a cominciare da “Don’t Lust After Other Women” (il cui ciondolare triste e rassegnato, con twang magnetico e squarci di violenza repressa, illumina smagrite paranoie) e per finire con l'ambiguo raggio di sole di “Friends Do Not Fear” (gli U2 di "I Will Follow" in catalessi...).

In mezzo, una “If You Believe In Blood” che fa post-punk gli Shellac, calandoli dentro scenari di frontiera “metafisica”; l’ipnosi trionfante e liberatoria (ma di una liberazione lacerante!) di “Salt”, a richiamare alla mente deserti senza fine, inondati da una luce sovrannaturale; l’elegia sospesa di “Isabella Rossellini’s Shoe”; il tenero duetto Moody-Zollo di “The Dirty Street”. E, soprattutto, la termimale “No Hope Here” (con timidi e distratti accenti di sax in coda), il cui mantra “there is no hope here…” assume, lentamente, connotazioni “salvifiche”.


21/06/2011

Tracklist

1. Don’t Lust After Other Women
2. If You Believe In Blood
3. Salt
4. Hey Asshole
5. Greedy Man
6. Let’s Leave The Elephant In The Room
7. Isabella Rossalini’s Shoe
8. No Hope Here
9. The Dirty Street
10. Friends Do Not Fear

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