Bailterspace

Strobosphere

2012 (Fire)
alt-rock

E' stato fatto di tutto, ma proprio di tutto, perché ci si dimenticasse in fretta dei Bailterspace. E dire che, a cavallo tra gli anni '80 e il decennio successivo, la band di Christchurch era riuscita a mettersi in mostra come la realtà più viva e interessante del rock alternativo neozelandese, arrivando a firmare un contratto prestigioso per la Matador e a meritarsi l'epiteto di “Sonic Youth dell'emisfero australe”.
Eppure, nonostante lo status di culto raggiunto nel tempo (specialmente nell'ambiente della Grande Mela, che ben accolse la loro proficua commistione di post-punk oscuro alla Nocturnal Projections e di noise-rock melodico affine a quanto fatto da Kim Gordon e soci in quel periodo) e un notevole numero di dischi pubblicati, dal 1999 in poi è stata attuata una totale damnatio memoriae nei loro confronti. Album cancellati dal catalogo della label, la loro successiva casa discografica che va in bancarotta, un best-of passato completamente sotto silenzio, insomma, tutto sembrava coalizzarsi contro il loro ritorno sulle scene.

E invece no; forti di un'intesa che oramai dura da oltre vent'anni, Alister Parker, Brent McLachlan e John Halvorsen scendono nuovamente in pista, come se il tempo non avesse mai spostato la lancetta in avanti e ci si trovasse ancora lì, alla fine del secolo scorso, a godere degli ultimissimi scampoli di una stagione del rock statunitense che stava ormai arrivando a un giusto e dignitoso pensionamento.
Dell'attualità i tre kiwi non sanno proprio che farsene, e con “Strobosphere”, loro ottavo album in studio, tornano a fare ciò che hanno sempre fatto, e cioè, un rock oscuro, fosco, impetuoso, impregnato sovente di rumorismi e muri shoegaze che da sempre costituiscono il loro punto di forza. Per quanto comunque gran parte della violenza e del gusto per il contrasto brutale sia andata man mano stemperandosi, sostenendo in questo modo l'avanzata di contorni melodici sempre più definiti (ben si difende in tal senso “Live By The Ocean”), non manca nemmeno stavolta all'appello quell'aria plumbea e greve, che li ha accompagnati fedelmente una vita intera.

Avanza monolitica, questa "Strobosphere", senza alcun cedimento sostanziale, ma alla fine, fatta forse eccezione per la traccia sopra rammentata, senza neanche grandi picchi. Tutto procede, dall'inizio alla fine, con costanza e precisione invidiabili, compitato dall'energico e marziale pulsare di batteria: se in più di un'occasione i brani strizzano l'occhiolino a funesti goticismi (la voce catacombale di Parker affogata nei dedali sonori di “Things That We Found”), nondimeno si tengono saldi sui binari di un suono dirompente e implacabile, che anche nei suoi risvolti più “pacifici” (“Meeting Place”) insiste nel voler rinverdire lo splendore di un'epoca che le generazioni più recenti stanno cominciando adesso a riscoprire.
Mancano certo i colpi da leone, e la coerenza granitica dei pezzi finisce col renderli tutti un filo più prolissi del previsto, ma l'ascolto mostra una band che nonostante la ruggine sa ancora mettersi in gioco con dignità: è impossibile chieder loro qualcosa di diverso.

24/10/2012

Tracklist

  1. Things That We Found
  2. Strobosphere
  3. Blue Star
  4. Polarize
  5. No Sense
  6. Meeting Place
  7. Island
  8. Op1
  9. Live By The Ocean
  10. Dset
  11. World We Share
 
 


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