Tutto si fa così funzionale al convogliare l'ambientazione di spasimi notturni di "Stray Ashes", una versione romantica e meno affascinante dell'ultimo AA Bondy ("Forests"; suona nel disco il bassista di Bondy, peraltro), con questi arpeggi di elettrica che prima sonnecchiano e poi si amplificano nel silenzio, evocando il periodo di isolamento trascorso nelle Catskills, gruppo montuoso dello stato di NY.
Niente, insomma, di sensazionale, in questo "Stray Ashes", appesantito da pezzi debolucci dal punto di vista compositivo, nobilitati solamente da felici intuizioni sonore e di accompagnamento, che convincono se non altro che, oltre al songwriting, ci sia dietro un importante lavoro di approfondimento ("Moonwatcher" e "Crooked Branches", la più pop del disco).
La grande zavorra del disco è però l'involuzione sul piano espressivo, una messinscena di voragini in minore e di improbabili slanci percussivo-rumoristici che risulta però pesantuccia, quando non supportata da canzoni di rilievo.
Un netto passo indietro per il cantautore americano, che in "Stray Ashes" punta tutto sull'eleganza formale, dipingendo tormenti in modo troppo didascalico per non annegarvi.
(01/06/2012)