Sebbene in questo debutto si senta fortemente l'amore per un mondo nostalgico che Death In June e Sol Invictus (con cui hanno condiviso anche il palco) hanno saputo disegnare, un legame magico con un medioevo intriso di ombre ricche di significato, di paura e di sogni, un gusto minimale e tagliente riescono a trafiggere il romanticismo, donandogli una forza lirica molto personale, arricchita in stretti anfratti da sfumature, accenni dark-prog.
“Restless Eyes”, “Lonely Anguish” (questa dall’agrodolce retrogusto Spiritual Front) e la marciante “Leipzig” rientrano perfettamente in questa visione di mutazione armonica, equilibrandosi con la classicità di brani come “Just a Breath” e “Battlefield”, sorretti da violini lacrimosi e voce letteraria.
Particolare rilievo ha la voce di Sabella Spiga che riesce ad abbandonare la propria insita dolcezza in favore di una statuarietà senza tempo, di una tragicità sull’orlo della pazzia poetica che sa danzare con il suo parallelo maschile, il tono militare e sepolcrale di Andrea Carboni.
Sicuramente ancora acerbi in alcuni punti stilistici, i Lia Fail dimostrano però una personalità capace di interessanti sviluppi. Speriamo che continuino a raffinare i propri sentimenti, i propri simboli... “Il neofolk è morto”, aveva detto in una recente intervista Albin Julius...
(19/12/2012)