Cosa si prova quando si capisce di essere di fronte a un vero capolavoro? È una iniziale sensazione o è proprio un dato di fatto, seppur personale? Ci sarà lo stesso coinvolgimento emotivo anche con i successivi ascolti? Al termine della prima volta di “Cucina Povera” dei veneti ManzOni si vive un forte spiazzamento, come se si fosse stati appena travolti da un vortice di emozioni fatte di poesia, rumore, accordi e intrecci, tra strumenti, da brivido. L’incontro amoroso in fondo è lo stesso e fa nascere le medesime domande: sarà ugualmente intenso come l’iniziale approccio? Il secondo appuntamento regalerà eguale stato di ebbrezza?
Per questo disco la risposta è assolutamente affermativa, l’album è un gioiello tra i più importanti pubblicati in Italia negli ultimi anni. La formazione di Chioggia aveva già colpito nel segno con il suo eccellente esordio omonimo del 2011, un disco che si faceva apprezzare per una tensione compositiva di matrice noise post-rock, tappeto ideale per i testi recitati da Gigi Tenca, performer dalla vocalità assimilabile a un Vasco Rossi alcolico in preda a una redenzione artistica.
Dopo “L’Astonave Ep”, ecco che finalmente arriva il seguito sulla lunga durata che ha tutti i crismi per far uscire la band dal circuito di culto ultra-underground e traghettarla verso una platea più ampia e, ci si augura, ricettiva.
I ManzOni toccano un vertice d’ispirazione notevole sia nella costruzione melodica di ciascun pezzo che nei testi di Tenca: i suoi racconti sono di un intimismo disarmante, un mettersi a nudo personale dove l’amore, la famiglia, le liti, i ricordi del proprio padre sono declamati con una vena che non può lasciare indifferenti. La musica urla, accarezza, offre il fazzoletto per qualche lacrima, ma soprattutto sconvolge l’anima, se questa ha un minimo di sensibilità. La paranoia della provincia in inverno è musica, le parole sono la poesia.
Già l’apertura “Mario In Diretta Tv” spiazza con chitarre dilaniate alla Swans, ma dopo tanto feedback ed effetti distorti si apre una melodia più scarna in cui partono le riflessioni di Tenca, per poi tornare nella crudeltà elettrica.
Nel sound del gruppo s’incontra proprio la violenza catartica di Michael Gira, l’estasi psichedelica dei primi Sigur Ros, l’ipnotica e ripetitiva melodia, quasi come una nenia, affine ai mai troppo esaltati For Carnation.
“Cucina Povera” chiede solo di non essere ascoltato in sottofondo mentre si fanno le tante cose della vita. I 42 minuti di attenzione non faranno certo pensare di aver buttato via del tempo prezioso, anzi.
06/10/2012