Marco Machera

One Time, Somewhere

2012 (Innsbruck)
songwriting

Il nome di Marco Machera potrà dir poco a noi comuni ascoltatori, non fosse altro perché, dati alla mano, trattasi di un artista al debutto nel mondo della discografia. Ciò nonostante, prima ancora di affrontare l'ascolto di "One Time, Somewhere", non si può fare a meno di notare la grande quantità di trascorsi di lusso che il Nostro può vantare, al punto che per lui suona quasi impropria la definizione di “esordiente”.

Quelle con Jerry Marotta, Adrian Belew, Frank Gambale, Jennifer Batten e Paul Gilbert sono solo alcune delle prestigiose collaborazioni che affollano il curriculum di Machera, a cui si aggiunge pure la stima pubblicamente riconosciutagli da (niente meno che) Steve Hackett. E se questo non bastasse a rendere l'idea, dando un'occhiata alla lista degli ospiti presenti su “One Time, Somewhere” ci si troverà di fronte ad almeno altri due fuoriclasse: Pat Mastellotto, uno dei turnisti più quotati del rock tra 70 e 80, e Rob Fetters, leader dei Bears.

Con questo eccezionale bagaglio di esperienze alle spalle, Machera arriva dunque al fatidico appuntamento con l'opera prima da cantautore, finalmente libero di interpretare e sviscerare l'enorme quantità di influenze raccolte in anni di partnership. Il risultato è un disco variopinto e compatto, forte di un songwriting “atmosferico” su cui scorrono di brano in brano arrangiamenti personali e curati in ogni minimo dettaglio.
Che l'eclettismo sia caratteristica basica dell'arte di Machera è evidente sin dal trittico che apre l'album: “Hello” è una ballata seducente, fortemente debitrice - sin dalle prime note di synth atmosferici - di David Sylvian, “Stories Left Untold” mescola un prog “limpido” (ritornello) a divagazioni fusion e “Days Of Summertime” vola leggiadra e spensierata verso un folk-pop mitteleuropeo. Il cantautore è direttore di un'orchestra incredibilmente affiatata, pronta però a farsi anche da parte concedendogli la totalità della scena, con risultati convincenti (l'isolazionismo malinconico di “Down Below”) quando non eccelsi (l'ambientale “Hire Her”, di nuovo affine al Sylvian di fine 90). Le vette più alte vengono però raggiunte da Machera in altri due episodi, che sfiorano da vicino lo status di capolavori: la progressione strumentale in crescendo della conclusiva “Troubled Childhood” e, soprattuto, il corale gotico-esoterico di “El Muerto!”, sorta di mixture fra i Dead Can Dance di “Spleen And Ideal” e le arcane litanie acustiche degli ultimi Unto Ashes.

“One Time, Somewhere” è un disco che riesce a racchiudere sotto uno stesso tetto una miriade di stili totalmente diversi fra loro, in grado di illustrare con chiarezza l'enorme spettro culturale della proposta di Machera. Distante dalle odierne logiche del do-it-yourself, il cantautore ha pazientemente aspettato di collezionare conoscenze ed esperienze, per poi convogliarle tutte insieme in una miscela esplosiva, a cui manca davvero poco (un filo di coraggio in più, già comunque espresso nei due brani migliori) per rasentare l'eccellenza.
Dedicato a quell'Italia musicale che finisce troppo spesso per favorire l'auto-indulgenza all'esaltazione dei veri talenti, categoria a cui Machera dimostra ampiamente di appartenere.
Illuminante.

12/11/2012

Tracklist

  1. Hello
  2. Stories Left Untold
  3. Days Of Summertime
  4. Bright Lights, Big City
  5. El Muerto!
  6. Down Below
  7. Götzendämmerung
  8. Hire Her
  9. Troubled Childhood

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