La riuscita ricerca di uno stile personale, che s'incastri da qualche parte tra Everything Everything e Mew, Elbow e Horrors, spinge il terzetto di Edimburgo a puntare tutto su melodie soffuse, falsetti d'ordinanza, cura delle atmosfere e della produzione (firmata Tony Doogan, già con Super Furry Animals, Mogwai e Belle And Sebastian). Il sound finale, assieme ricco e rarefatto, soddisfa senz'altro le ambizioni arty che l'hanno ispirato e fa di "Fog Electric" un esempio di eccellente lavoro di studio.
Non appaia strano, dunque, che il disco richiami alla mente due pietre miliari della produzione in studio come "Ok Computer" e "The Lamb Lies Down on Broadway": proprio alle armonie stratificate del primo e al peculiare "barocchismo astratto" dei suoi intrecci elettronici rimandano gli arrangiamenti dei brani; pezzi come "Chirality" o "Interval", poi, sembrano rifarsi direttamente agli episodi più obliqui ed enigmatici del capolavoro dei Genesis. Traboccanti di mellotron e giochi di sospensione, sono avvicinati ulteriormente anche dalla particolare presenza ritmico/melodica del basso, così vicina alle memorabili intuizioni di Mike Rutherford.
A fronte di un simile lavoro sull'architettura del suono è un vero peccato che le composizioni non risultino all'altezza. Le canzoni sono deboli proprio dove il precedente album trionfava: melodie, dinamismo e incastri ritmici. Tutto è troppo indiretto, troppo privo di nerbo o ossatura: viene da pensare che la ricerca dell'eleganza si sia spinta troppo in là, che abbia confuso la non banalità e l'evocatività delle atmosfere con l'assenza di strutture solide, linee di impatto immediato e ritmiche coinvolgenti. I brani allora ammaliano ma non conquistano, stupiscono per la classe delle soluzioni sonore ma non riescono a farsi ricordare.
Un'occasione persa? No. Piuttosto, un disco ambizioso e meritevole, ma riuscito solo a metà.
Savage With Barometer
(11/05/2012)