Combo romano con un passato prossimo di esperienze multimediali e collaborazioni di lusso, i Pharm debuttano finalmente nel 2012 con un disco che riporta alla luce i momenti più felici dei primi Calla: le tecniche a-musicali, i flirt col silenzio e l’avanzata spoliazione d’atmosfera.
Le concessioni alla composizione tradizionale sono rare, la forma canzone scompare nel nulla. “Sorbetto” frantuma una vorticosa jam jazz-rock in un ginepraio alieno senza forma, e “L’africano” importa gli elementi strumentali degli Area di “Arbeit Macht Frei”, dal caos elettronico al sax etnico all’ostinato della sezione ritmica, con un buon uso dei loop a condurre l’atmosfera, e un finale crescendo free-jazz.
In “Mrs Rucinter”, sorta di noir post-psichedelico dissonante dalla tecnica altamente instabile, il ritmo di batteria prende forma solo dopo 3 minuti, ma non solidifica la sarabanda. Ancor di più, “Western Machines”, una “Mrs Rucinter” allo stadio avanzato, suona come un impossibile ibrido tra chitarrismo twang, musica casuale per sintetizzatori, e babele di campioni drum’n’bass, a due passi dai cicloni atonali di Morton Subotnick.
La fantasmagoria dell’album raggiunge il picco con “Joe Chip”, exotica per canto in reverse e balletto industriale di zombie robotici. Ma le partiture più complesse sono “Buone cose a lei”, anti-ritmo Captain Beefheart-iano supportato/osteggiato dall’elettronica in una staffetta grottesca con un altro anti-ritmo, stavolta ambientale-astratto (con vaghi riferimenti alla “Moonchild” dei King Crimson), fino a un notturno per piano sfasato su marcetta tamburellante, e soprattutto “Q”, in cui l’atmosfera lounge impiantata in una landa di microrganismi giunge a un remix “tortoisiano” che lo trasforma in jam metafisica con sovratoni techno, fino a che gli strumenti non ergono un muro di rumore.
Dal rock strumentale italiano, un autoritratto di un complesso sincero di quella sincerità che è istintiva concatenazione, molteplicità di sorgenti sonore e stilistiche, studio rigoroso e caso ammaliante. Di mirabile ricchezza inventiva, è anche un disco sulla memoria dell’avanguardia, ma è un disco - registrato live - più passionale che accademico che ha la forza, e i limiti, dell’opera prima. Riprocessato e post-prodotto da Fabio “Reeks” Recchia (percussioni e live electronics) nel suo studio personale, Hombrelobo, Roma. Grafiche (curiose) di Roberto Mattiucci.
24/10/2012