Quando si ha tra le mani un disco come questo dei Soluzione si percepisce immediatamente quanto un "prodotto" possa essere colmo di significati di varia natura. Innanzitutto la copertina, costituita da più che un richiamo al "Barry Lyndon" di Stanley Kubrick, come il numero delle canzoni e delle bonus track (tredici sono i film di Kubrick, tre i suoi corti); in secondo luogo, la grafica interna, in linea con la cover, nella sua alternanza tra bianco e nero, con macchie di rosso e con immagini cinematograficamente evocative. Una lettura, anche approssimativa (del tutto sconsigliata) dei testi, poi, definisce chiaramente i contorni filosofico-letterari delle parole per musica. L'esistenzialismo di Sartre ("Tutto & nulla") si incontra con il nichilismo di Manlio Sgalambro, noto al grande pubblico per aver scritto molti testi di Franco Battiato; e l'impronta del filosofo e paroliere di Lentini, con il quale il vocalist Luca Nuzzolo ha collaborato (per la canzone "Invasione di campo" del 2001, ad esempio), si avverte in più punti durante l'ascolto. Suggestioni cinematografiche, pensiero, letteratura e musica sono dunque gli elementi riscontrabili a più livelli nel lavoro dei Soluzione. Il tutto è magistralmente racchiuso nella semplicità solo apparente della forma-canzone, vero e imprescindibile punto di forza dell'intero quadro poetico-musicale.
"L'esperienza segna" si apre con la title track, che provvede subito ad avvolgere e a integrare tutti quei livelli semantici di cui sopra con la musica. Delicatezza e semplicità avviluppano l'ascoltatore in un'atmosfera lieve ma oscura. New wave e sonorità dark ottantiane, sprigionate da note e parole che non mancano di marcare qualche lacrima mentre sottili riferimenti progressive fanno occasionalmente capolino. "Anni settanta" chiama in causa più volte uno dei riferimenti musicali evidenti della band: i Cure dei tempi migliori. Il testo è, qui, un capolavoro di risvolti semantici che meriterebbero ben altri approfondimenti - basta pensare alle citazioni evidenti, ma in chiave ironica e nichilista, come un certo "Balliamo sul mondo" fin troppo noto, nonché in quel "potere ai piccoli" di un certo Scooby Doo. Da ridere e da piangere, nei sensi più profondi.
"La curiosità rende le cose fragili", e fragile sembra Comecadechi; le parole giocano con la musica, in una caduta repentina durante la quale si affacciano sonorità alla Echo & The Bunnymen. Ancora la parola si propone con tutto il suo peso in "Cosa dire", dove il post-punk si palesa in modo evidente nell'accelerazione finale, mentre la voce di Luca sottolinea con delicata veemenza "odio dover criticare / odio generalizzare".
Synth-etica e drammatica, "Facili forme" è una sorta di ballata nostalgica in cui si avverte ancora l'influenza dei Cure, che sottolinea la "mediocrità nella disattenzione"; uno dei testi migliori del lotto. Ecco, quindi, "Gene", un'altra ballata infinitamente più intensa e sofferta, intrisa di esistenzialismo e nichilismo, in una dimensione di attesa che la musica rende greve e dilatata, con un pianoforte che disegna sprazzi d'inquietudine. "Intermezzo uno" si allaccia al brano precedente e prepara l'ascoltatore a "Infettami", vero inno generazionale dark, impossibile da descrivere a parole, il brano è un incrocio tra orchestrazioni elettriche, post-punk e accenni a certi Depeche Mode. "Una luce soffusa", nei suoi bagliori musicali, strizza l'occhio ai Litfiba ormai dimenticati dei primi tempi; un altro dei momenti importanti del disco, tra synth e ritmi incalzanti nella parte finale. Contraddizione e libertà di espressione costituiscono l'humus semantico sul quale si muove l'orwelliana "Pensiero in movimento", tra attraversamenti ritmici nei quali si incastrano un ritornello "alla Battiato" e condensazioni elettroniche. "Un bacio" è un'espressione dandy nostalgica e fotografica, storia d'amore e/o di vita conclusa; piuttosto destrutturato, è forse l'unico pezzo debole del disco, immediatamente riscattato dalla sartriana "Tutto & Nulla" che si apre in un'atmosfera psichedelica per scagliarsi, poi, contro "una vita mai vissuta" in un crescendo che sfocia in un vero e proprio vortice di suoni e parole. Un'oscurità rarefatta, interrotta da sprazzi di luce (Marlene Kuntz?), avvolge l'ultimo brano, "Alta velocità", dominata dal synth.
Il disco si chiude con tre ciliegine sulla torta ("Ciliegia" è anche il titolo del loro precedente lavoro in studio): "Gene", "Anni settanta" e "Luce", nei quali intervengono rispettivamente, con le loro voci, Fiumani dei mai dimenticati Diaframma (che duetta con Luca), Mao e Garbo, riferimenti storici per la musica dei Soluzione. I riferimenti, del resto, sono numerosi - oltre a quelli citati si possono aggiungere band come Joy Division, Talking Heads, Radiohead e gli italiani Moda e Baustelle, nonché il cantautorato recente e lontano. Ma tutti questi nomi sono sedimentati nella musica dei Soluzione, il cui tratto distintivo è sicuramente quello di un'originalità che trova il suo fondamento nella scrittura (elemento che molti gruppi italiani tendono spesso a sottovalutare), intendendo per essa sia la scrittura letteraria che musicale.
Del resto non può essere diversamente per dei musicisti che, pur di seguire una profonda passione, hanno preferito fondare, insieme a Massimiliano (scrittore, fratello di Luca) l'etichetta Jost, piuttosto che sottostare alle ferree leggi dell'industria discografica, in pieno spirito "indie".
E gli sforzi saranno certamente premiati, perché "L'esperienza segna" è un gran bel lavoro, un ottimo esempio di perfetto equilibrio tra il semplice e il complesso, tra forma e sostanza.
11/07/2012