Uno di questi piccoli tuning è certamente quello di essersi affidato a un nome come John Vanderslice per la produzione di questo "Dark Shores", un lavoro che, dopo il bell'esordio di "Leave Ruin" (più folkeggiante e Kozelek-iano) e il celebrato seguito di "Pope Killdragon" (più oscuro e sperimentale ma anche più carico emotivamente, tra synth e arrangiamenti elettrici), si distingue per immediatezza (pezzi quasi tutte brevi o brevissimi) e per l'attenzione alla canzone in senso stretto.
Decisamente più Bazan ("Trap Door") che Kozelek, in questo "Dark Shores": la batteria, sorda, ossuta disegna, scava il tracciato per le interpretazioni sanguinanti di Showalter (dalle sfumature black in "Satellite Moon" e nei Fleetwood Mac di "Spacestations" e più teatralmente "canadesi" in "Hard To Be Young"), incise dalle semplici ma ispirate progressioni di accordi del cantautore americano.
Un Dylan emotivo e Matsson-iano, quello di "Sleeping Pills", ma è forse più interessante la ballata astrale di "Little Wishes", che pare dettata e interpretata in sogno; anche se la star è indubbiamente il Neil Young di "Maureen's".
Rimane insomma un disco più da Jagjaguwar (Anti no, sarebbe esagerato) che da Yer Bird, forse un passaggio obbligato per chi da un po' è al limite della popolarità. Album senza pretese, ma di belle canzoni.
(31/07/2012)