Tre anni fa Moltheni decideva che era giunto il momento di appendere il microfono al muro e di non calcare più le scene live né le sale discografiche. Dopo una lunga e onorata carriera che faceva sempre il pieno nei club ma che non aveva sfondato le porte del mainstream, sebbene ci sia stata anche una partecipazione a Sanremo nel 2000, l'artista marchigiano abbandonava la ribalta.
Ma già poco dopo, è apparso chiaro che l'uomo non avrebbe mollato del tutto la musica suonata: nel 2011, infatti, usciva l'album dei Pineda, un disco interamente strumentale dove l'ex Moltheni sedeva alla batteria, guidando lunghe cavalcate psichedeliche molto interessanti.
Il 2012 segna però il momento di tornare alla carica, spogliandosi del proprio nome d'arte per presentarsi ancor più a nudo con la propria reale identità di battesimo, Umberto Maria Giardini. I fan sanno bene chi è il personaggio che pubblica "La dieta dell'Imperatrice", mentre per i neofiti è un nuovo cantautore di cui appassionarsi e che magari, con il tempo, verrà conosciuto anche per il suo illustre passato.
Per Giardini la musica italiana sta vivendo un periodo asfittico e privo di reali stimoli: da buon vigile del fuoco (l'altra sua professione...), interviene cercando di portarla in salvo da tanta mediocrità.
A prescindere dall'essere d'accordo o meno con questo severo giudizio verso un panorama musicale tricolare molto sfaccettato e, in verità, ricco di tante buone proposte, fa piacere comunque notare come Giardini si metta in gioco realizzando un disco ricco di pathos, romanticismo decadente e validi arrangiamenti. A dare una mano nella produzione c'è Antonio Cooper Copertino, che aveva già lavorato con Pj Harvey e Anna Calvi, e proprio all'arte di quest'ultima va dato il merito di aver acceso in Giardini nuovamente la voglia di scrivere in proprio.
All'interno delle nuove undici canzoni, per quasi un'ora di musica, la voce canta melanconica di amori poetici o tormentati con uno stile che rimanda al solito Agnelli in versione ballata, ma nello stesso tempo con un proprio stile di penna. Le musiche sono quasi del tutto rarefatte e in battuta lenta, ma sotto sotto bolle la zuppa psichedelica che in più di un brano fa esplodere la pentola con progressioni strumentali elettriche e ipnotiche, come in "Il desiderio preso per la coda", "Fortuna, ora".
Ognuno poi potrà trovare la propria storia, il proprio film, la propria nostalgia nei testi di questo sincero cd, un disco che però potrebbe tediare chi non è un appassionato dell'ex Moltheni, poiché la struttura delle canzoni e del cantato tende a essere un po' monocorde, nella sua comunque intensa liricità.
17/09/2012