Cajita

Tiny Ghost

2013 (Folkwit)
pop, songwriter

La contaminazione di frammenti di musica classica, dopo aver dato vita alla generazione del progressive-rock, ha allungato la sua influenza al pop e al folk attraversando prima la storia del rock barocco e poi confluendo nel moderno chamber-pop. Oboe, clavicembalo e violoncello, incrociando folk, new age e pop con il neo-classicismo hanno dato ispirazione a molti musicisti delusi dall’indie-rock, mentre il pop orchestrale si è evoluto con infinite variabili: fatalmente, molti musicisti preferiscono sottolineare l’atmosfera d’insieme tralasciando la composizione.
Jay Chakravorty (aka Cajita) con il suo primo album “Tiny Ghosts” (aveva già pubblicato nel 2009 un mini-album a titolo “The Ellipsis”) ostenta senza incertezze una struttura più solida, e dietro le atmosfere delicate e barocche si intravede più di uno spunto lirico encomiabile. Il chitarrista anglo-indiano esplora lo stesso territorio di King Creosote, Sufjan Stevens o degli Efterklang e dei Catch Bees; onirico e ricco di atmosfere rilassanti, “Tiny Ghosts” esplora più stati emotivi e sonori con una profondità che lo eleva da un plausibile status di album da sottofondo.

Bastano i primi accordi di “Lungs” per assaporare il perfetto incastro tra preziosi accordi di chitarra acustica, fiati e la deliziosa voce di Alexia Peniguel, ed è sorprendente ritrovare la fragilità del primo David Sylvian nella poetica minimalista di “All Your Loves”. Jay Chakravorty ha anche appreso la lezione di Louis Philippe, mettendola abilmente a frutto nella suadente ballata “Stars”: chitarre che si incrociano con timbri ora più cupi e ora più cristallini, aperture orchestrali con accenni di fiati e briciole di folk pagano e barocco danno vita a un incanto sonoro tanto breve quanto prezioso.

Spetta a “Broken Glass” rinnovare le tentazioni più pop: tra handclap e woodwind la malinconia diventa speranza, rinnovando i sogni infantili. Jay è abile nel sposare elementi acustici con l’elettronica e i loop, e la sua musica a volte diventa infatti più futurista (“The Swell & The Sway”), spesso incline a un chill-out dai tratti folk (“Shake”) e leggermente invaghita del blues (“You Will Be Missed”). Il tutto è poi abilmente incorniciato da due brani crepuscolari (“Maybe It Will All Make Sense When We Grow Up” e “When We Were Kids”), dall’intensa forza narrativa.

“Tiny Ghosts” è un album disincantato e incantevole, dove la consapevolezza dell’infanzia perduta diventa un monito per chi rinuncia all’amore e alla speranza, ma è anche una lezione di sobrietà e stile per tutti i musicisti che vestono di tentazioni neoclassiche canzoni spesso superficiali ed evanescenti. Cajita mette insieme una complessa quantità di idee liriche senza indugiare sull’estetica, per brani quasi perfetti che lasciano spazio alla sensibilità e alla fantasia dell’ascoltatore. Sono queste piccole e apparentemente innocue lullaby quelle che rendono meno tortuoso e difficile il nostro rapporto quotidiano con la sempre più complicata arte del suono.

02/10/2013

Tracklist

  1. Maybe It Will All Make Sense When We Grow Up
  2. Lungs
  3. The Stars
  4. All Your Loves
  5. The Swell & The Sway
  6. Shake
  7. You Will Be Missed
  8. Broken Glass
  9. When We Were Kids

 

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