Visioni rarefatte si aprono con rara naturalezza nel terzo disco di Danny Paul Grody, giocato su un fingerpicking minimale e squillante e larvali impressioni di elettronica-drone e pianoforte (“Grass Nap” simula il movimento delle nuvole oltre un crinale, così come nella copertina).
In altre occasioni – “Time Spirals” ad esempio – la musica di Grody perde un po’ di carattere prettamente ambientale per ricamare cangianti florilegi alla Blackshaw, senza spingersi però nè negli abissi più profondi, nè sulle vette più ardimentose, ma limitandosi a fugaci emozioni destate, magari, da brani più “narrativi” e classici come “Lonesome George”.
È così che tutta l’opera di questo “Between Two Worlds” si colloca, così come indica programmaticamente il titolo, in un limbo presciente, creando un’antifona, un preludio, e aggrappandosi più alla suggestione che alla visione.
27/08/2013