“Deceived Idealism”, un doppio che s’aggira intorno all’ora e mezza di musica, fa probabilmente meglio, in grazia di una maggiore compattezza e di una scrittura più rifinita, nonostante continuino a esserci minuti di troppo qua e là.
Marquis (voce, chitarra), Toxine (basso), Yskithyrwynn (batteria) e Berserk (voce, chitarra) aprono in modalità convulsa e teatrale, pescando a piene mani anche dal repertorio Khanate (“Blood, Phlegm And Vomit”). Più che tessere trame ben definite, gli strumenti si scontrano l’uno contro l’altro, delimitando l’ennesimo campo di battaglia fatto, per l’appunto, di conati di vomito, sangue e catarro. Al centro di tutto, la voce di Marquis, ruvida, pestifera, carica di odio incancrenito.
Il grosso del monolite, in ogni caso, ruota attorno a “21st Century Ineptia”, la cui ferocia catacombale svela tutte le componenti del loro sound in oltre ventuno minuti di odissea al termine della notte: growl disumano, saturazioni devastanti, oasi cariche di tenebrosa attesa, cadenze marziali intrise di velenoso rimorso e ascensioni epiche lacerate da voragini di sofferenza terminale.
Il tour de force continua nei venticinque minuti della title track che, grazie a un più accentuato dinamismo “drammatico”, lascia dilatare a dismisura il versante funereo della loro arte, abbandonandosi a una colossale invocazione e, quindi, a un crescendo poderoso.
“Hang These Bastards” apre il secondo disco, modulando lentezze estenuanti come in una processione di anime morte. “Don’t Hope for Any Better Things Now” sfocia, invece, in una una progressione black-metal, mentre la coda di “The Higher We Climb, the Harder We Fall” s’accende di spasmodica bestialità.
Non proprio il disco giusto per una serata in solitaria…
(26/11/2013)