Nel suo secondo progetto i synth fanno spazio a piano e archi, allargando lo spettro di colori e toni: “Permanent Signal” è infatti un album che conferma tutte le emozioni dell’esordio “Strange Weekend”, ma con sfumature oniriche e riverberi umani. Il tono più riflessivo e sognante di questo nuovo capitolo della ricerca sonora di Porcelain Raft non è un atto remissivo, ma è il frutto di una consapevolezza e di una volontà di esprimersi attraverso un suono meno definito ma emotivamente più presente.
Le vibrazioni psichedeliche di “Minor Pleasure” sono una piacevole novità, un nuovo viatico che l’artista percorre per raggiungere nuove soluzioni sonore: è quasi un incontro tra le evoluzioni lisergiche degli Spiritualized e l’evoluzione del glam nelle lande berlinesi quello che anima anche “Five Minutes From Now”. C’è del nuovo anche in “Cluster”, dove le chitarre avvolgono una materia grezza e informe, per poi trasformarla in un insieme di accordi sognanti e ipnotici, tutto diventa per un attimo più fisico.
Emozioni più semplici sono ancora presenti e offrono conforto al suono più cupo e triste che caratterizza “Permanent Signal”: ariose melodie (“Open Letter”) e raffinati momenti introspettivi affidati al piano e a una solitaria tromba (“I Lost Connection”) allentano la tensione che “The Way Out” e “It Ain't Over” mettono in gioco con distorsioni electro-rock. Archiviando due suggestivi momenti di relax che aprono e chiudono l’album (“Think Of The Ocean” e “Echo”) resta da segnalare un'incursione nel territorio dei Beach House e dei Radiohead, con la romantica e profonda “Night Birds”.
“Permanent Signal” non indugia nelle luminose melodie dell’esordio; il tono più dimesso ha infatti la stessa consistenza degli How To Dress Well e dei Deptford Goth, anche se Mauro Remiddi frequenta maggiormente il pop e la new wave anni 80, sfoggiando un candore che riesce a far luce sotto la coltre di polvere e indifferenza che aleggia in modo sinistro sulle sorti della musica moderna.
(13/09/2013)