Egli passa tranquillamente da del cantautorato lo-fi alla Daniel Johnston alla psichedelia acida da sottoscala fino a certe tendenze new wave della prima ora a del folk stranito e straniante, il tutto realizzato in cameretta in perfetta solitudine, registrando i pochi strumenti su un quattro piste analogico e con poca dimestichezza tecnico-pratica. Insomma, un autentico artigiano della musica rock underground.
Il nuovo "A Bassa Quota" arriva dopo ben otto anni dall'album precedente e mostra un autore assai più maturo in fase di realizzazione. Forse Bucci ha imparato a usare meglio i propri mezzi, ma le caratteristiche fondamentali della sua arte sono rimaste intatte, basti ascoltare i suoni stridenti su una base di "musica discreta" (Brian Eno docet) di "In Partenza" e di "FCO" per rendersene conto.
In generale, lo stile si è fatto anche più contorto che in passato. Si vedano, in tal proposito, la marcetta alla Residents di "Trasporto Bagagli", i rumorismi astratti di "Morti Bianche" e la nenia sbilenca di "Dove Abiti?". La cupa e sinistra melodia con tanto di interferenze radio di "Intorno al Mondo" (ripresa da una vecchia cassetta) si contrappone alla serena atmosfera pastorale di "In Volo, Atterraggio, Stop!", ma lo spettro di stili non finisce qui, dato che trovano ancora posto un bozzetto acustico reiterato ("Torre di Controllo") e del progressive in pillole ("Prova Motori").
Questo nuovo disco forse non contribuirà a rendere più noto l'operato di Marco Bucci, dato che passerà inosservato tra il pubblico (ma di sicuro, non dalla critica più attenta), ma si consiglia un ascolto partecipe. Va inoltre ricordato che "A Bassa Quota" è ispirato all'aeroporto intercontinentale Leonardo Da Vinci di Roma, nel quale Marco Bucci ha lavorato proprio come manovale aeroportuale. Il disco è ovviamente dedicato quella categoria di lavoratori e operai. Avremo presto altre novità dalla Tubogas, gestita amatorialmente dallo stesso Bucci.
(22/02/2013)