Sempre di scrittura blues si tratta, ma Samba Touré forse non aveva mai composto canzoni così sghembe e notturne. Ovviamente, i più attenti, leggendo il cognome Touré non faranno fatica alcuna ad associarlo al nome di Ali Farka Touré, leggenario esponente del blues chitarristico del Mali che ha incendiato lo Stato al nord dell'Africa dal 1976 al 2006. Uno dei suoi 11 figli, Samba appunto, è stato per alcuni anni parte integrante della formazione di Ali Farka. Così, dopo la sua scomparsa, Toumani Diabaté, un altro mostro sacro della musica africana contemporanea, ha deciso di volerlo con sé per il suo personale Ali Farka Touré Variations tour. Ma la sua indole ribelle lo proiettava già altrove. Vivido esempio ne è lo stesso titolo del disco (albala vuol dire pericolo) o "Fondora" che ha versi tesi e in battaglia come "assassini, abbandonate le nostre strade".
Del resto, Samba non ha mai visto la sua vita come quella di un semplice esecutore o, peggio ancora, di un gregario. È sempre stato altrove. Già a 25 anni ha il suo gruppo, i Farafina Lolo, con il quale incide un paio di album. Quindi, dal 2003, all'età di 32 anni, inizia la sua avventura solista: sia come autore di cinque dischi che come partner di altrettanti progetti paralleli e colonne sonore. Questo "Albala", sesto capitolo della sua produzione, è forse il suo disco più "commestibile" per i palati occidentali (in "Bana", volendo, si possono trovare persino accenni di Laurie Anderson), a patto che ci siano ancora palati occidentali così curiosi da non lasciarsi sfuggire questa perla in seno a chi sa quale snobismo.
È un disco coraggioso e sicuramente politico ("Aye Sira Bila" critica il governo per la mancanza di uno sviluppo concreto del Mali per colpa della corruzione), che pretende meritoriamente la giusta attenzione. Con "Kinshasa Succursale" di Baloji, forse la dimostrazione che il Continente Nero ha ancora molto più da darci delle incursioni afro dei Vampire Weekend o degli Yeasayer - per quanto accattivanti possano essere.
(11/07/2013)