La quarta zampata di Steve Roach sul 2013 – escludendo un paio di release d'archivio in solo formato digitale – torna a portare su disco, due anni dopo il monumentale capolavoro “Journey Of One”, un'esibizione dal vivo del maestro californiano. Sulle sue performance si è più volte detto molto, tanto quanto sulla sua inarrivabile capacità di utilizzare la musica come mezzo di evocazione di sentimenti, immagini e sensazioni, con la quale ha cambiato il significato stesso dell'espressione ambient music: trattasi di autentici viaggi dove egli si erige a guida, utilizzando una miriade di sintetizzatori come comandi e conducendo il pubblico nei luoghi più disparati.
Ben poco lo spazio concesso a laptop e strumenti preparati: le sue sono pure improvvisazioni, ancorate sì a basi pre-registrate (spesso provenienti da brani di album, demo degli stessi o idee ancora in lavorazione) ma pronte ben presto a distaccarsi dalle stesse per cambiare colore in base ai connotati dell'alchimia fra musicista, strumenti, luogo e pubblico. Esperienze sempre diverse e irripetibili, ciascuna con le proprie peculiarità, ma che svariate difficoltà tecniche hanno reso da anni ben più che rare: ecco dunque che un compromesso scoperto da Roach è divenuto quello dei live presso le stazioni radio, l'ultimo dei quali si è svolto quest'estate negli studi di SomaFM – solo tre giorni dopo la performance ad Ambicon, festival celebrativo della storica e indimenticabile Heart Of Space.
Registrato e pubblicato oggi su doppio disco dalla Projekt, esso prende dunque la forma di “Live Transmission”, lavoro che per una volta non gode di particolari acuti o di momenti memorabili. Emblematici, in tal senso, sono i venti minuti di “In The Light Of Day” e i cinque della sua reprise “Kairos Portal”, due suite dal marcato retrogusto Schulziano (quello dei lavori di inizio millennio) che si perdono però nel ricorso eccessivo ai loop. Trattasi comunque di costruzioni sonore in grado di impartire lezioni a buona parte degli odierni esponenti dell'ambient classica, ma prive di quella capacità evocativa propria di tutti i lavori migliori di Roach.
Il clima della tracklist è tutto fuorché univoco: la modestissima “Zone Of Drones” prova a ripiegare su droni oscuri senza tangere minimamente, mentre la coppia “Looking For Something”-“Reflecting Chamber” cerca e trova con più successo il contatto rispettivamente con le distese desertiche dei dischi “californiani” e la tensione degli ultimi lavori con vidnaObmana (non a caso presente assieme a Byron Metcalf come “fornitore di sample”). La mezz'ora di “Vortex Immersion” prova a porsi come ennesima variazione sul tema di “Kairos Portal”, dilatando questa volta i tempi e posticipando l'ingresso del ritmo: il risultato si conferma però perfetto tecnicamente quanto “freddo” e ben lungi dal guidare nell'immersione annunciata dal titolo.
A chiudere il cerchio, il quarto d'ora più melancolico di “Westwind” e le dilatazioni fluttuanti di “Today”, in grado di riportare il soundworld a una dimensione più vicina alle sconfinate tele a cui Roach ha abituato. Tele che questa volta stentano nell'unire alla maestria tecnica quella capacità di dialogare con l'ascoltatore, di condurre l'immaginazione, di entrare in simbiosi con l'ambiente riproducendolo e divenendone riproduzione, di sfruttare la musica – in maniera decisamente Romantica – come un pennello in grado di superare i limiti del materiale per ambire a scenari sconfinati. Tutte caratteristiche, c'è da crederlo, che la natura di “live a distanza” con cui l'album è nato ha teso a minare, ma nelle quali nessuno sarà probabilmente mai in grado di eguagliare Steve Roach.
18/12/2013