Sulla loro pagina Facebook presentano la loro musica con un intrigante “garage pop for your soul”. Poi, ascolti questo loro disco d’esordio e ti accorgi che, sì, l’attitudine è quella e che l’anima è ben disposta a farsi coccolare da questi otto brani, anche se qualcosa sfugge, qualcosa di enigmatico.
E “Ocean Wide”, brano numero uno, è sicuramente un buon indizio per indagare a fondo questa ambiguità di fondo, questo gioco chiaroscurale che sembra essere alla base della poetica The Pale Faces.
La voce di Janice assomiglia, infatti, a quella di una sacerdotessa un po’ malconcia (diciamo una Zola Jesus meno ieratica), mentre gli strumenti barcollano sghembi e sfatti. Quanto alla scorza garage-pop, basta poco per rendersi conto che la stessa carica trascinante di “No More Kisses” è particolarmente sinistra, forse perché tutte le felicità di questo mondo sono essenzialmente insediate dal dubbio.
Con l’organo che svisa qua e là a dar man forte anche alle pulsazioni Silver Apples di “Any Day Now”, i tre di Leicester mostrano di avere una discreta dose di personalità, anche quando imbastiscono trame più visionarie ed evocative (“This Cannot Be The End”, la più sofferta “Torture”). L’impianto lo-fi contribuisce a donare un retrogusto selvatico all’operazione, completando un quadro stuzzicante.
26/02/2013