Certamente ancora più Dylan-iano (quasi tutto per chitarra e armonica, se si esclude qualche concessione più forbita ad archi e pianoforte) dell’esordio di Barna Howard, dell’anno scorso, “The Ballad Of Willy Robbins” risuona di indignazione e di ardore giovanile, ma anche di delicate e poetiche immagini di vita e d’amore (“Blue Eyed Baby”, “I Never Knew What I Saw In You”, l’appassionato racconto americano di “Ode To My Hometown”).
È il disco insomma di uno spirito libero e intransigente, nel quale si percepisce, forte e sicura, l’aura affascinante e distante dell’artista – subito l’impressione si presenta nella narrazione pauperistica (detto senza accezione negativa) della title track.
Immagini di un passato mitico di “uomini da marciapiede”, amori liberi e distruttivi e guerre lontane e vicinissime si affollano in “The Ballad Of Willy Robbins”, creando un immaginario vivido ed emozionante, al di là dell’appartenenza di questo a un passato che non esiste più, o a un presente che non riconosciamo.
(18/10/2013)