Come cantante ha un registro afono e quasi piatto, ma non privo di un suo fascino singolare. Rispetto a sua madre Carla, Karen ha uno stile meno avanguardistico e più vicino all'autentico pop d'autore. "Business Is Bad" si può tranquillamente affiancare al suo album migliore, quel "Karen And Her Cat Arnold Get The Flu" del 1990, avendo ormai raggiunto la piena maturità artistica.
Certo, la prima metà del disco parte un po' in sordina, apparendo piuttosto ripetitiva in quanto a temi musicali, sebbene i discreti arrangiamenti di armonica, piano, chitarra e clarinetto riescano a nobilitare anche le canzoni più monocordi ("Surviving You", "Wintertime", "Speak French"), con l'eccezione dello swing sommesso di "My Magic Pencil" e nelle sonorità astratte in "Catch As Catch Can".
Ottimo è il dixieland destrutturato e scarnificato della title track, così come anche la struggente nostalgia nello strumentale "My Solo". La conclusiva "That Damn Volcano" è però il vero capolavoro del disco, un brano dove confluiscono tutte le influenze sopra elencate in un tutto organico. Chi stravede per popstar finto-vintage come Lana Del Rey farebbe bene a prestare un ascolto a dischi come questo.
(22/06/2014)