Se escludiamo una collaborazione con il fido Zeit, pubblicata sulla sua Hic Sunt Leones senza uno straccio di promozione, per tutto l'anno scorso non si è sentito parlare di Alio Die. E la faccenda è decisamente strana per un musicista che dal 2006 aveva abituato a sfornare almeno tre-quattro dischi ogni dodici mesi tra progetti solisti e collaborazioni, tutti equamente spartiti fra il suo personale catalogo e quello sempre brulicante della benemerita Projekt.
L'improvvisa e drastica riduzione di prolificità potrebbe essere stata causata dalla lavorazione, durante il 2013, di molti progetti in via di completamento: proprio verso questa ipotesi tende a far propendere l'uscita a pochi giorni dall'inizio del 2014 di questo nuovo album del re dell'ambient music esoterica.
“Amidst The Circling Spheres” inaugura un nuovo sodalizio pronto ad aggiungersi alla lunga serie che già compone il curriculum del musicista italiano: stavolta è il turno di Sylvi Alli, cantante e ricercatrice attiva nel mondo del teatro e del cinema con alle spalle già quattro album solisti, intenta nel mescolare la sua voce a trame sonore dal piglio avant, pregne di echi dalla musica antica. Un universo che sembra fatto apposta per intersecarsi con la frangia più rituale del vastissimo arsenale del guru milanese, quella spiritico-etnica esplorata per capirsi recentemente al fianco di Lingua Fungi. Il risultato della collaborazione è una forma amorfa e complessa di world music ambientale, dove i droni di Alio Die si fanno sottili e silenziosi per lasciar spazio agli strumenti acustici (chitarra, e-bow, kalimba e, soprattutto, zither) e alla voce di Alli, imponente e ben rappresentante l'importanza del suo contributo all'intero progetto.
I brani si dividono di fatto in due sottoinsiemi: nel primo l'anima quieta dei droni incontra una marcata spinta etnica, avvicinandosi in maniera circospetta ma progressiva al Forrest Fang del capolavoro “Migrations”. Così, in “The Inner Sea (Silver Sea)” i richiami portano alla tradizione celtica più selvaggia e incontaminata, lo strumentale “Across A Splendid Vista” sprofonda negli abissi di un lago ghiacciato circondato da montagne innevate e la breve e sublime “Revenir” conclude nelle tiepide carezze di qualche flebile raggio di sole.
L'altra faccia della medaglia è costituita da quattro oscure sculture che riproducono antichi rituali nelle loro pratiche quanto nell'ambiente di esecuzione: nel puro esoterismo in stile primissimi Dead Can Dance di “Crepuscolar Birds” il già citato Lingua Fungi guida la carica allo zither, nello spettrale mantra di “Dreaming Tree” campane e fruscii di vento conducono nel mondo della Constance Demby sciamana.
“La grotta delle Naiadi” musica un viaggio nell'omonimo luogo dove la luce, inscenata dalle sinewaves, perde progressivamente potenza per lasciare spazio a un tripudio di stalattiti e rintocchi glaciali e alla voce sempre più riveberata di Alli. L'uscita dalle viscere è affidata al sinistro notturno di “Numinous Veins”, sorta di sosta sulla riva di un fiume scuro e fangoso, dal corso irregolare e dalla corrente instabile.
Un fiume che è anche potenziale perfetta rappresentazione del percorso sensoriale a cui il disco sottopone: non un capolavoro, non un album perfetto, ma un sentiero che fa dell'irregolarità, della complessità d'accesso e di adattamento e dell'ambizione necessaria a affrontarlo i suoi tratti più caratterizzanti e (di nuovo, estremamente) affascinanti.
15/01/2014