Il lituano Arturas Bumsteinas continua la sua storia discografica con la raccolta dei sei “Epiloghi”, di poco successiva ai tre vasti “Meubles”. Secondo stile e moda minimalista, qui Bumsteinas ordina la composizione - a differenza del mare magnum del predecessore - semplicemente variando i pochi mezzi e timbri a disposizione.
L’idea di base è l’accostamento tra un clavicembalo e un nugolo di suoni concreti, elaborando il tutto con cut-up, loop, echi, riverberi e ogni sorta di regolazione digitale. Il primo “Epilogue” è così la base, limitato a un tiepido scimmiottamento di Morton Subotnick per la parte dello sbrindellamento elettronico e di Pierre Henry per il fracasso di suoni di tutti i giorni. Il secondo li esaspera con fare violento, rendendo ben più caotico il vortice di suoni, persino timbri di pianoforte preparato, clavicembalo scorticato, e un campione di voce in italiano (del futurista Marinetti) messa in intonazione col tempo casuale, alla Alvin Lucier.
Nel terzo si ritorna alla quiete (e alla noia), con una sonata di rarefatti suoni gorgoglianti e il clavicembalo che sembra intonare una cavatina, mentre il quarto cambia in minimalismo vocale, a convergere in una soundscape liturgica che, unita al clavicembalo, sembra mimare il suono barocco. Il quinto, il più lungo, tra echi e rifrazioni celestiali e un rumore di vento forte, finisce di nuovo per fare il verso al barocco storico. Il sesto ritorna all’irruenza del secondo ma con fare se possibile ancor più irrazionale, a tratti accennando a un preludio di Bach.
Il cd poi allega un lungo brano di rumori “galleggianti” e suoni liberamente tratti dalle altre pièce, “Night On The Sailship”, che non fa molto per distinguersi dal puro sottofondo.
Nuova postmoderna riproposizione dell’alea digitale nella carriera del compositore, armato stavolta di brani umorali perlopiù brevi e non organizzati in una suite, accompagnati da sottotitoli che guidano l’ascolto. Nonostante i momenti di stanco non-sense, la musica a programma si confà alle ambizioni del compositore e quantomeno non disperde l’ascolto. Dedicato, come da artwork, al manifesto musicale del futurismo, “L’arte dei rumori”, di Luigi Russolo (1913), a “Les Passions De L’Ame” di Cartesio (1649) e a una delle prime opere liriche italiane, la “Dafne” di Jacopo Peri (1598).
14/06/2014