Cristian Vogel

Polyphonic Beings

2014 (Shitkatapult)
experimental dub-techno

Fra le tante sembianze che la techno ha assunto nei decenni successivi all'esplosione in quel di Detroit e gli innumerevoli utilizzi che ne sono stati fatti, uno dei più interessanti è senza dubbio la reciproca contaminazione con il dub. Vale a dire l'arte di utilizzare il martello pneumatico techno per scavare e raggiungere le profondità del dub, siano esse immaginarie (astratte) o terrene (concrete). Dai Basic Channel ai Downliners Sekt, ovvero dall'origine prima alla contaminazione ultima con il presente di stampo urban, il cosiddetto dub-techno è diventato una delle forme espressive principali della tavolozza elettronica contemporanea.

Se c'è un artista che ha dato l'esempio di cosa significhi approcciarsi scientificamente alla musica in senso ampio, quello è Cristian Vogel. Uno che non si è mai negato nessun genere di esperienza, nato e cresciuto negli ambienti dell'avanguardia colta dai quali ha imparato molto, ma che ha sempre amato sporcarsi le mani, analizzare al microscopio tutto ciò che di più lontano potrebbe esserci dalla sperimentazione pura (che senso ha fare esperimenti su frutti di altri esperimenti già pensati e, per questo, “artificiali”?), applicare quanto appreso lavorando con materie nobili alle cose musicali di tutti i giorni, alle forme elettroniche più vicine alla popular music.

L'ultima sfida di Vogel è appunto il dub-techno, un terreno arduo sul quale un peso massimo dell'elettronica tutta ha già scritto fior di trattati pronti a essere studiati sui libri di storia della musica del 2100. Ma se quest'ultimo lavorava sull'alchimia fisico-matematica del suono, a Vogel i calcoli non interessano, mira al concreto e dunque alla chimica di ritmi, armonie, sequenze, progressioni. “Polyphonic Beings” è il risultato della sua ricerca, erede diretto del precedente “Eselsbrücke” che di questo disco fu col senno di poi una prova generale, un rodaggio dei macchinari in laboratorio prima di uscire e lavorare direttamente sul campo.

Sette sono le conclusioni finali degli esperimenti del producer inglese, a partire dall'inchino a Burnt Friedman in “Exclusion Waves” e dai terreni sporchi di “McCaw's Ghost” e “LA Banshee 109”, scomposizioni ai minimi termini del Delay di “Vantaa” prima e “Anima” poi. Su “How Many Grapes Went Into That Wine?” è il martello a finire sotto la teca, scomposto in un mantra alieno e sottoposto poi in “Lost In The Chase” ai più disparati trattamenti (iniezioni noise, prelievo del beat, congelamento del groove). Su “Forrest Gifts” manca il dub e un tappeto tech-noise (cfr. Demdike Stare) è mantenuto in vita in coma farmacologico, prima di essere ucciso su “Society Of Hands”, dove restano gli ultimi impulsi nervosi in forma di field recording.

Alla domanda “come si combinano dub e techno a livello molecolare?” Vogel riesce a dare una convincente quanto imprevedibile interpretazione. L'ennesimo successo concettuale (più che strettamente musicale) della sua carriera di scienziato del suono (più che di musicista).

21/11/2014

Tracklist

  1. Exclusion Waves
  2. McCaw's Ghost
  3. How Many Grapes Went Into That Wine?
  4. Lost In The Chase
  5. La Banshee 109
  6. Forest Gifts
  7. Society Of Hands

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