A cavallo tra l’uscita del convincente “La Mitomania” e questo "Smaila", Dani Male si dedica a uscite su corta distanza. “Facci Male” è uno split con il paroliere Antonio “Poeta Menarca” Facci Tosatti, una piccola antologia di reading apatici, quasi robotici, “accompagnati” da sottofondi di brusii campionati e filtrati elettronicamente. “Dani Male & Black Sabani” (2012) è invece un Ep di prova con la sua nuova band (cfr. il n. 15 dei “Dieci piccoli italiani”): Paolo Pugliese, Roberto Morselli, Federico Cerchiari.
Non per niente “Smaila” riprende quasi in toto questo Ep e lo espande, lo estremizza in più direzioni, facendone il disco più totale e sfinente in assoluto dell’autore modenese. Dirompono gli arrangiamenti stralunati e il canto più svanito che mai, ma soprattutto un senso inaudito per la composizione e i finali spettacolari che portano le canzoni a esiti lontanissimi dalle partenze. “La borraccia” passa da reggae acidulo ad accordi alla “Sister Ray” a cow-punk dilaniante (idem per “Vampira”), la banale filastrocca di “Syd” diventa spassosa danza surreale, e ancora più esplicitamente la filastrocca alla Syd Barrett di “Nauseato” si arricchisce di una cadenza ballabile supersonica in controtempo.
“Preghiera” suona come una stentata parodia dei lenti anni 50, prima che anche questa venga ovviamente fatta a brandelli dalla fantasia del combo, in una baraonda di accordi distorti e controtempi che continua all’infinito. “Semaforo” è un monologo che sembra provenire dal mini con il Poeta Menarca, ma stavolta con rabbioso sottofondo pseudo-industriale, e ancora più violenta è “Ultimo desiderio”, altro monologo semiserio frantumato in eruzioni post-hardcore con veleni elettronici. Il salmo con clavicembalo di “Fuori c’è il sole” è l’unico momento ballad, ma anche questa perde il contatto in una coda psych-pop alla Deerhunter.
Grandiose sono anche “Bolle di cartilagine”, dall’incalzante carillon Doors-iano, il canto “ecclesiastico” con melodia “nipponica” tratteggiata dall’elettronica di “Cammello”, il power-pop di “Vomito” che s’imputridisce alla maniera di Sonic Youth e Pixies, il surf di “Mi stai sul callo” che erige un muro di distorsione psichedelica, ma più in generale il suo campionario di felici, coerenti e sempre diverse invenzioni è davvero traboccante.
Non è, comunque, un disco di paradossi. I testi a getto continuo, anch’essi tra i suoi migliori esempi di scazzo surreale e dadaista, il ritmo concitatissimo, il raro equilibrio tra concisione e densità, eccesso e controllo, ne fanno un varco tra passato e futuro che ambisce a quel tipico status maniacale della composizione rock. Registrato e prodotto tra Sassuolo, Bologna, Modena, Rapallo, Pontremoli. Un punto di approdo di tendenze finora sottaciute, non solo nel suo già ampio carnet. Video: “Iggy”.
28/03/2014