Ekoplekz

Unfidelity

2014 (Planet Mu)
elettronica

Se l'infedeltà di cui parla è quella rispetto a tutto ciò che ha esplorato in precedenza nella sua carriera, Nick Edwards non poteva scegliere titolo migliore per battezzare la rinascita della sua creatura principale. Il “nuovo” Ekoplekz si presenta con tutta una serie di sorprese che nessuno, nemmeno chi avesse seguito nel dettaglio l'attività part-time dello scienziato ed ex-blogger di Bristol, si sarebbe mai aspettato. Soprattutto dopo aver assistito alla deriva di una carriera apparentemente ormai avviata verso la strada della sperimentazione pura, coraggiosa per quanto non esaltante nell'avventura a proprio nome (“Plekzationz”) e nel side-project PLKZFX, e per certi versi pure fine a sé stessa nell'ultimo alter ego, Ensemble Skalectrik.

Nell'intervista concessaci di recente, Edwards ci spiega che quelle esplorazioni sono da collocarsi presso i confini territoriali più estremi della sua musica. Un po' come quando studiando una funzione – e conoscendo le fattezze del personaggio il suo metro di ragionamento “matematico” e relativa metafora sono quanto di più coerente ed azzeccato anche per parlare della sua musica – si arriva a definire i limiti della stessa, così da poterne tracciare il grafico in maniera più attendibile e vicina alla realtà. Eppure “Unfidelity” non è solo una panoramica generica sul soundworld di Ekoplekz, ma di nuovo un vero e proprio focus su un versante melodico e accessibile dello stesso, a dire il vero del tutto inedito e che trova una continuità logica solo con l'approdo presso Planet Mu.

Che nelle ritmiche taglienti e sporche di “Trace Elements” si nascondano i risultati di una complessa disamina sonora è in ogni caso evidente, e il richiamo a John Foxx And The Maths e al loro ridar linfa (grazie soprattutto al super-esperto Benge) a polverose macchine analogiche si fa sentire forte e chiaro. Ma se fino ad oggi al marchio Ekoplekz era naturale ricondurre improvvisazioni astratte centrate sulla modellazione del rumore, qui il tutto assume la forma di un'elettronica che tende pure a guardare avanti, associandosi a certe produzioni tanto spinte da Mike Paradinas (Solar Bears su tutti) e mantenendosi vintage quasi esclusivamente nei suoni. Il tutto volendo escludere episodi come la valanga cosmica di “Robert Rental”, il mare di droni ruvidi della title track e la polaroid post-industriale di “Analogue Twich”, riusciti omaggi a epoche diverse della Germania sintetica.

Perché poi di fronte al deserto malsano di “Nerva Beacon” e alla burrasca su diga di “Sea 90” l'impressione di una terra di mezzo fra gloriosi trascorsi e attualità ritmica e di ricerca si fa decisamente nitida. Il tutto è poi confermato da richiami dub che se da un lato consolidano l'ingente eredità Idm – ci avesse detto che “Severn Beach” è una cover di un inedito degli Autechre non avremmo avuto motivo di non crederci, idem per “Pressure Level” e “Tuning Out” con gli LFO – e si ricongiungono alle pungenti gallerie del suo passato (la chiusura di “Sleng Zen” e il suo roteare nel vuoto), dall'altro aprono un varco le cui pareti sono tappezzate di reflussi street (post-dubstep e dintorni), in un dialogo tra passato e post-presente i cui precedenti si contano sulle dita di una mano.

Suonare attuali e addirittura inediti mentre si omaggia platealmente un passato da cui chiunque al giorno d'oggi attinge (spesso abusando) è davvero impresa notevole. Farlo senza aver mai toccato lidi simili in una carriera ormai quasi ventennale e senza troppi momenti autenticamente memorabili sfiora da vicino il miracolo.

17/03/2014

Tracklist

  1. Trace Elements
  2. Nerva Beacon
  3. Robert Rental
  4. Severn Beach
  5. Sea 90
  6. Unfidelity
  7. Coalpit Heath
  8. Pressure Level
  9. Analogue Twich
  10. Tuning Out
  11. Sleng Zen

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